giovedì 29 agosto 2013

GENO'S NIGHTMARE





La notte del Draft, tutte le telecamere erano puntate su di lui, i fotografi immortalavano ogni sua espressione, ogni suo gesto. Gli analisti continuavano a parlarne come del miglior prospetto tra i quarterback, nel giro di poche ore, Geno Smith era sulla bocca di tutti. Ma se prima del draft si parlava del suo stile di gioco, il giorno dopo si è iniziato a parlare del suo stile di vita fuori dal campo. Dopo aver silurato il suo agente per non essere stato selezionato al primo turno ed essere scivolato alla trentanovesima scelta assoluta, ha iniziato ad attirarsi alcune critiche per il suo comportamento superficiale durante gli allenamenti dei New York Jets e ora, dopo la partita di preseason contro i New York Giants si parla solo di quanto sia stata negativa la sua performance.

Non gli sarebbe potuta andare peggio la sua prima da titolare come quarterback dei Jets. Certo, ha fatto dei bei lanci, ma il ricordo di questi è stato completamente cancellato dai tre intercetti, uno più sanguinoso dell’altro. In generale, il prodotto di West Virginia necessita di grossi miglioramenti sotto il punto di vista della visione di gioco e della lettura dei movimenti di compagni e avversari, sue principali carenze messe in mostra nel match contro i Giants.

Analizziamo bene le situazioni in cui più si è messo in mostra, nel bene e nel male. Il suo tabellino finale recita 16 passaggi su 30 completati (il 53.3%) per 199 yards, un touchdown e tre intercetti, con un passer rating di 45.7.

Il primo drive è stata una bella azione condotta per 53 yards, conclusasi con il passaggio da touchdwon di 22 yards per il receiver Ben Obamanu. I Jets hanno usato una shotgun formation, con ben quattro wide receivers. Protetto bene dalla sua linea e dal suo running back, che ha fermato un tentativo di blitz, Smith ha avuto il tempo necessario per trovare Obomanu in mezzo al campo completamente smarcato. Ci ha pensato poi il wide receiver a correre le restanti 15 yard per il touchdown. Questo tipo di azione è quella che i fan dei Jets amerebbero vedere dal loro quarterback, ma dopo un buon inizio, si è spenta completamente la luce.  



Il primo intercetto di Smith è stato il meno grave. Un passaggio leggermente troppo corto o troppo precipitoso per il suo receiver Spadola. Ancora una volta hanno utilizzato la shotgun e la difesa era schierata nello stesso modo dell’azione precedente, ma stavolta Smith non ha letto bene la situazione. Ha lanciato la palla nel momento stesso in cui Spadola si stava girando, ma non si è accorto della marcatura troppo stretta del cornerback avversario, Amukamara. Inoltre il lancio è stato troppo corto e ha dato modo al difensore di lottare con il receiver per il possesso dell’ovale. Il resto lo ha fatto Amukamara che, grazie alla suo forza fisica, ha strappato la palla dalle mani di Spadola. Lo svolgimento di questa azione può essere un buon punto su cui lavorare per il giovane quarterback, basta che corregga di poco la traiettoria, lanciando la palla leggermente avanti al suo receiver, in modo che solo questi possa raggiungerla.

Gli altri due intercetti però sono stati davvero errori colossali. Sempre nella shotgun, ha deciso per un lancio lungo di 20 yards verso il tight end Kellen Winslow, ma lo ha sbagliato completamente. Il tight end ha seguito benissimo la traccia, smarcandosi dal suo difensore, e Smith ha avuto abbastanza tempo per un passaggio preciso, invece, facendosi prendere dalla fretta, ha lanciato direttamente in bocca al linebacker avversario, distante 5 yard da Winsolw. Errore che ha pagato carissimo, perché il suo lancio è stato ritornato dai Giants per 24 yards.

Il terzo, e ultimo, intercetto ha dimostrato tutta l’incapacità di lettura di Smith. Stavolta ha chiamato una giocata sul corto, cercando di sfruttare l’in motion del running back, Bilal Powell, per confondere la difesa, ma, ancora una volta, si è fatto sorprendere come un novellino. Su due soluzioni facili a disposizione è andato a sceglierne una terza, pressoché impraticabile. Il forte defensive end dei Giants, Justin Tuck, gli ha dato l’illusione di eseguire un blitz, ma rapidamente è tornato in copertura appena Smith ha alzato il braccio. Il quarterback può aver pensato che, in un primo momento, Tuck gli stesse andando incontro, ma doveva tener conto che poteva anche andare a marcare il fullback Tommy Bohanon, che stava correndo una traccia orizzontale. Quando Tuck si è fermato ed è corso indietro, poteva comodamente passare la palla proprio al suo fullback o a Powell completamente libero sulla linea laterale ed invece è andato a cercare proprio il punto in cui Tuck era in copertura. Un lancio completamente senza senso, dato che il suo receiver era coperto sia  frontalmente, da Tuck appunto, che alle spalle. Per sua fortuna non è stato ritornato.

Smith poi, nel resto della partita, ha provato a far uscire il suo potenziale, completando dei bei passaggi, dimostrando di saper lanciare bene la palla, a volte un po’ troppo corta, ma può comunque contare su ricevitori esperti che possono aiutarlo nel suo percorso di crescita.

La sua serataccia però, è finita ancora peggio. Come se non fossero bastati i tre intercetti ha commesso pure un safety, regalando due punti agli avversari. Certo, in questo caso la colpa della sua linea è stata evidente: si è fatta tagliare in due come il burro da un linebacker che ha costretto Smith a correre indietro, ma Geno non poteva dimenticare di trovarsi nella sua end zone. Eseguito appena qualche passo avrebbe dovuto lanciare via la palla, non arrivare a mettere il piede fuori dal campo e commettere questo grave errore, scatenando le reazioni negative dei fans su twitter. 



Dopo questa brutta prova, I Jets potranno contare su uno Smith pronto e concentrato per il week 1? Quando le gare avranno davvero importanza?

Molto probabilmente non avranno scelta se l’infortunio di Mark Sanchez alla spalla si rivelasse più serio del previsto. Sanchez è stato dato come “day to day”, ma il semplice fatto che si possa parlare di Sanchez titolare, e i fans dei Jets sanno che non significa nulla di buono, da l’idea di come Geno Smith debba darsi rapidamente una svegliata e mettere la testa nel lavoro se non voglia essere ricoperto di insulti da parte dei sui tifosi domenica sera.  

lunedì 26 agosto 2013

INTERVISTA SEMI-SERIA ALLO STAFF DI BALLIN'



Siete arrivati a 5.555 visualizzazioni, un bel risultato dopo neanche 4 mesi di lavoro, no?

G: Eh ci sbattiamo parecchio.. no dai, ci piace e siamo contenti che stia andando tutto bene!

A: Per chi ci hai presi?! Stiamo lavorando sodo e i frutti si vedono. Come dico sempre, stay tuned, e dateci una mano a crescere, che la volontà e il talento non ci mancano!

Da dove nasce la vostra passione per NBA ed NFL?

G: Dai tempi di Shaq agli Heat ho iniziato a seguire prepotentemente il basket americano, mentre la mia passione per il football nasce recentemente, dal trionfo dei Ravens e della leggenda Ray Lewis nell'ultimo Super Bowl.

A: Allen Iverson mi ha stregato anni orsono in quei meravigliosi 76ers e da allora non ho più mollato la presa. Eli Manning invece mi ha fatto godere come un matto nel Super Bowl XLII, battendo i Patriots mentre già avevano pronti gli striscioni per la stagione perfetta! E, nonostante se lo dimentichi sempre, il mio socio, ora più bravo di me nell'analizzare questo sport, l'ha conosciuto grazie a me...

Diteci qualcosa in più sulle vostre squadre e giocatori preferiti a questo punto!

G: In NBA sono rimasto un fedelissimo di Miami e mi sto fregiando di un altro titolo in bacheca. Fino a qualche tempo fa Wade non aveva rivali nelle mie preferenze, mentre ora, oltre a simpatizzare per tutti gli italiani, Gallo in particolare, non ho un prediletto tra gli umani (LeBron James escluso quindi). In NFL invece sono un super tifoso dei Ravens da quando li ho scoperti e il mio giocatore preferito è Ray Lewis, anche se faccio impazzire il mio socio tifando spudoratamente per il 12 dei Patriots, tale Tom Brady.

A: Abbandonati Iverson e Philly, sono sempre stato un fan dei Celtics per la loro storia e anche per la loro mitica divisa verde! Inoltre a Ovest non disdegno tifare per i T-Wolves, che sono un po' sfigati, ma mi fanno sempre emozionare. Il mio giocatore preferito, se ne devo scegliere uno, è Danilo Gallinari, anche se apprezzo non poco le magie di Rajon Rondo e l'intensità di Kevin Love. In NFL c'è bisogno di chiedere? Eli Manning è per distacco il mio idolo per le gioie del 2005 e 2007 e per come ha portato i Giants a vincere e a farmi tifare per loro. Colgo l'occasione per chiedere al mio socio se ha visto per caso queste due finali? Visto che parlava di un certo Tom qualcosa!

Prospettive per i vostri team nell'anno che sta per cominciare!

G: Miami è ancora la mia favorita per il titolo (speriamo!). Fin quando ci sarà LeBron sarà dura batterci, anche se la concorrenza è sempre più agguerrita! I Ravens, pur con gli sfavori del pronostico, sono convinto faranno un'ottima stagione e, con questa difesa molto sottovalutata, daremo fastidio a tante compagini.

A: Boston è in via di rifondazione, quindi sarà una stagione di transizione con poche gioie e, penso, tante batoste! Minnesota è come sempre una realtà esaltante e spero possa esplodere quest'anno con magari (se per una stagione si riuscisse!) il roster al completo. I Giants, dopo aver ammazzato i Cowboys alla prima, spero faranno una buona stagione. Si sa che poi, se andiamo ai playoff da sfavoriti, tiriamo fuori delle prestazioni esaltanti, quindi puntiamo alla post season!

Voglio solo quattro nomi. Chi vince il titolo delle due Leghe? Chi sarà l'MVP delle due stagioni regolari?

G: Miami Heat (occhio ai Bulls!) & LeBron James – San Francisco 49ers & J.J Watt (sempre che Griffin non faccia il fenomeno!)

A: Indiana Pacers (spero nel miracolo Warriors però!) & LeBron James – Denver Broncos (anche se i Seahawks mi attizzano!) & Peyton Manning per l'ultima gloria.

La sorpresa dell'anno sarà? Sia squadra che giocatore, tutto è ammesso.

G: I Cavs hanno allestito un bella squadra e penso faranno una stagione sicuramente migliore delle precedenti. Una coppia che mi fa impazzire è Drummond-Monroe dei Pistons che spero possano fare altrettanto bene. A Ovest non vede invece molta concorrenza e lo trovo indebolito rispetto agli anni scorsi. Nell'altra Lega la sorpresa potrebbero essere i Seahawks e come giocatore vedo alla grande Luke Kuechly, inside linebacker dei Panthers.

A: Mi dedico all'Ovest denigrato dal mio socio: squadra rivelazione i Rockets, che mi sembrano pronti al grande salto di qualità con Howard, mentre invece come giocatore spero che Stephen Curry diventi a tutti gli effetti uno dei più forti della Lega. In NFL spero che la sorpresa possano essere i miei Giants e come giocatore sono sempre stato un estimatore di Julio Jones e credo potrà fare davvero bene ad Atlanta.

Ritorno al passato: il vostro miglior ricordo di questi sport!

G: In NBA la finale di Conference a Est tra Pistons e Heat del 2006 con una prestazione mostruosa di Wade in gara 6 che ci ha spediti in finale. In NFL ricordo con entusiasmo sfegatato la corsa di Jacoby Jones verso il touchdown della vittoria a 50 secondi dalla fine contro i Broncos in semifinale di Conference dello scorso anno che ci ha proiettati al titolo finale.

A: Ebbi una breve quanto intensa emozione sui 48 punti di Iverson in gara 1 delle Finals 2001, anche se poi l'amore fraterno venne demolito da Shaq. Mai però goduria quanto il quarto periodo del Super Bowl XLII che mi ricorderò sempre come i 15 minuti di sport più felici della mia vita. A parte gli scherzi, vedere Manning sul trono con quell'altro Tom qualcosa che si chiede come sia uscito dalla morsa dei suoi difensori, non ha prezzo!

Un pensiero al futuro. Bilancio sull'estate e su come vedete il seguito!

G: Questi caldi mesi sono stati davvero intensi per noi, ma siamo molto felici dei risultati raggiunti. Abbiamo avviato delle collaborazioni importanti che ci permetteranno di crescere tanto e, speriamo, ci facciano fare anche un bel salto di qualità.


A: Sono davvero contento del progetto e di come lo stiamo portando avanti. L'estate ci ha permesso di trovare molte collaborazioni e di renderci visibile ad un pubblico molto più vasto. Ora sta a noi soddisfarlo! 


domenica 25 agosto 2013

IL BRANCO DEI TIMBERWOLVES ALL'ASSALTO DELLA LEGA


Rubio, Martin, Brewer, Love e Pekovic con alle spalle le mine vaganti Barea, Budinger e Cunningham oltre che i giovani di grande prospettiva Shved, Williams e i rookie Muhammad e Deng, costituiscono un quintetto e un roster niente male per una squadra tanto travagliata e in difficoltà come i Timberwolves delle ultime stagioni. Soprattutto i titolari sembrano poter formare un team di alto livello e la profondità alle loro spalle garantisce quantità e qualità alla causa. Riusciranno i lupi grigi di Minneapolis a farsi temere da tutta la NBA?

La stagione scorsa era partita con ottimi auspici al Target Center, con gli innesti di Kirilenko e l’incognita di lusso Roy a completare una squadra che aveva le sue punte di diamante nell’abilità sui due lati del campo di Kevin Love e nel talento cristallino di Ricky Rubio. Entrambi però erano da recuperare al meglio della forma fisica, dopo gli infortuni che li avevano fermati in un’annata eccezionale per il primo, sempre o quasi in doppia doppia, con medie di 26 punti e 13 rimbalzi abbondanti a partita, e un esordio incredibile nella Lega per il secondo, in cui aveva stupito tutti con mesi di giocate straordinarie.

Purtroppo però quasi tutte le speranze sono state disattese dai tanti, troppi problemi fisici maturati dai giocatori di Minnesota. Se si pensa che di tutto il roster a disposizione, il solo Luke Ridnour ha giocato in tutte e 82 le partite di regular season, si ha un dato esplicativo della sciagura che ha colpito il team di Rick Adelman.

Love è rientrato all’improvviso già a novembre con 34 punti e 14 rimbalzi, salvo poi fratturarsi nuovamente la mano destra solo 2 mesi e 18 partite dopo, dando adito al dubbio che avrebbe dovuto aspettare di più ai box. La rottura, che necessitava un’operazione chirurgica per essere sistemata, ha messo quindi fine alla sua stagione. Kirilenko, a causa di numerosi problemi alla schiena e alla gamba destra, non ha espresso il suo straordinario valore in ogni termine statistico, mentre la scommessa Roy è stata persa completamente, in quanto l’ex dei Trail Blazers ha giocato solo 5 partite con medie irrisorie per un fenomeno come lui, fermato ancora una volta dalle sue ginocchia di cristallo. Rubio è stato invece recuperato al meglio, in quanto ha giocato quasi ogni match, dal suo ritorno in campo a dicembre, con numeri e giocate degne del suo anno d’esordio, ma ha potuto fare ben poco di fronte alle varie defezioni che, a turno, hanno messo fuori gioco i suoi compagni di squadra.

Ceduto il russo da free agent ai Nets e abbandonato il progetto Roy, Minnesota si è rafforzata non poco nell’estate in corso di svolgimento, riportando i sogni e le aspettative a livelli altissimi per la stagione che si accinge a cominciare. Cercando di puntare su giocatori affidabili e dal sicuro rendimento la squadra di Minneapolis si è assicurata Kevin Martin dagli Oklahoma City Thunder e Corey Brewer dai Denver Nuggets. Ciò su cui la nuova dirigenza, guidata da Flip Saunders, ha provato a puntare maggiormente è il tiro da 3 punti, disastroso nella già disagiata stagione passata. I Timberwolves hanno tirato con un misero 30.5% da dietro l’arco e hanno chiuso ampiamente all’ultimo posto questa classifica tra tutte le squadre della Lega. Ecco che quindi, se dovesse rientrare al meglio Love, il trio formato da lui, Rubio e Pekovic avrebbe al fianco giocatori molto abili ad aprire il campo come Martin, tiratore assai efficace ed efficiente dal mezzo angolo, e Brewer, per cui vale lo stesso discorso dall’angolo, soprattutto nella zona sinistra del campo.




L’attacco dei lupi grigi fa potenzialmente paura: Rubio può donare assistenze tanto meravigliose quanto funamboliche ai compagni, oltre a essere il secondo giocatore per rubate a partita dell’anno passato, e servire senza difficoltà i compagni dietro l’arco così come nel pitturato; Martin è stato uno dei marcatori più costanti degli ultimi anni e, sebbene in calo di segnature e minutaggio, può garantire tanti punti alla squadra; Brewer è un attaccante atletico e dalle lunghe leve e apporta sempre un ottimo contributo in termini di fatturato; Love è un fuoriclasse assoluto, tra i primi 10 giocatori nella Lega se ritorna quello di un paio di stagioni fa, ha nelle mani più di 20 punti a partita e sa segnare da ogni posizione del campo, oltre che essere il recordman di doppie doppie consecutive (53) con un perfetto fiuto a rimbalzo; infine Pekovic è un centro solido e completo, che assicura punti e rimbalzi alla causa.

La difesa non è allo stesso modo una certezza, però. Martin non eccelle nella specialità, così come Rubio, e ci sarà bisogno di corsa, gambe e intelligenza per sopperire alle probabili difficoltà sull’altro lato del campo. Brewer, insieme alla variabile Budinger e ai rookie Muhammad e Dieng sono chiamati a questo tipo di lavoro, per non rendere evidenti i problemi difensivi di Minnesota.

Ma chi sono le prime due scelte del Draft 2013 dei Timberwolves? Con la numero 14 è arrivato Shabazz Muhammad, guardia tiratrice da UCLA, che, prima della stagione in California, era considerato uno dei migliori prospetti di tutti gli Stati Uniti. I suoi problemi di testa e il dubbio sulle compagnie frequentate non possono nascondere un talento cristallino, un fisico e un tiro già di qualità apprezzabile. Vede e sente il canestro, sa portare tanti punti alla causa e ha anche potenzialità difensive non indifferenti, oltre ad essere un ottimo rimbalzi per il ruolo. Se saprà tenere i suoi comportamenti non irreprensibili a freno e lavorerà sugli scarichi di Rubio e sulla fase di non possesso potrà assicurarsi un posto nelle rotazioni di Adelman. Con la numero 21, ottenuta tramite i Jazz, invece Minnesota ha acquisito Gorgui Dieng da Louisville, giocatore dalle caratteristiche fisiche incredibili, oltre che di un’intelligenza cestistica assai sviluppata. Il talento non è dei migliori e non è ancora esploso, ma, con i problemi che dovrebbe soffrire la squadra del Target Center in difesa, è una manna dal cielo e un’ottima scelta da mettere alle spalle di Pekovic in rotazione.

Detto del roster, il coach Rick Adelman è di certo un uomo dalla straordinaria esperienza, ottavo allenatore di sempre a raggiungere le 1.000 vittorie in NBA, proprio nella scorsa stagione, con la vittoria del 6 aprile di Minnesota contro i Pistons. Oltre venti stagioni da head coach in varie franchigie della Lega sono certamente abbastanza per conoscere e saper allenare una squadra che punta dritto ai playoff e a traguardi non più raggiunti nelle ultime, povere annate.



I Timberwolves hanno quindi le armi giuste per lottare su tutti i parquet e, a meno di un’altra catastrofe nel campo degli infortuni, sono tra le pretendenti a un posto nella post-season nella complicata battaglia ad Ovest. Puntare al titolo sembra ancora un’utopia, ma sicuramente sognare un risultato migliore e un po’ più fortunato del recente passato è lecito a Minneapolis, per tornare a sentire l’ululato dei lupi grigi in tutta la sua forza e prepotenza.

giovedì 22 agosto 2013

THE ORANGE MACHINE GUN






Quando si è diffusa la notizia che i Denver Broncos avevano aggiunto il wide receiver Wes Welker al loro roster, l’intera NFL è rimasta completamente shockata. La mattina successiva all’accordo, la furia di Tom Brady al campo di allenamento è stata talmente grande che il proemio dell’Iliade sull’ira funesta di Achille, sarebbe calzato alla perfezione per descrivere la rabbia del quarterback dei Patriots. 

Come Achille perdeva la sua Briseide per mano di Agamennone, così Brady ha perso il suo ricevitore prediletto per mano del General Manager dei Broncos John Elway, che ha firmato Welker con un contratto biennale dal valore di 12 milioni di dollari. La sua addizione, non solo preoccupa seriamente le rivali dei Broncos nella AFC, ma rende il receiving corp di Denver il più temibile della lega. Il motivo? Peyton Manning. 



Spendere parole sulla grandezza del maggiore dei Manning è superfluo. I suoi record sono noti a tutti, così come la sua capacità di rendere più efficaci gli uomini con cui scende in campo. Nel 2012, il quattro volte MVP della NFL, ha lanciato per 4.659 yard, con una percentuale di completamento del 68.6 %, dato che lo rende il primo della lega in questa classifica, e ha vinto il Comeback Player of the Year Award. Avere in posto di comando un quarterback di tale livello ha permesso ai talentuosi Demaryius Thomas ed Eric Decker di vivere la miglior stagione della loro carriera. 

Grazie a Manning e alla “Pistol Offense”, Thomas ha ricevuto per 1.432 yards e 10 touchdown, mentre Decker ha ricevuto per 1.064 yards realizzando 13 touchdowns. Numeri che hanno permesso ai Broncos di risultare uno degli unici due team (l’altro sono gli Atlanta Falcons con Julio Jones e Roddy White) ad avere due ricevitori nella top 20 per yards guadagnate e l’unico team ad avere due wide receivers nella top 10 per touchdowns su ricezione. 

Pur con questi straordinari numeri, Manning e i suoi ricevitori non sono sempre stati in sincronia, ma ora, dopo un anno passato insieme ad allenarsi e a migliorare la loro intesa, possiamo aspettarci numeri ancora più strabilianti nel 2013. Tutto ciò senza contare l’aggiunta di Wes Welker. Il terrificante trio offensivo composto da Thomas, Decker e Welker provocherà moltissimi rompicapi alle difese avversarie e potrebbe portare i fans dei Broncos a godersi parecchie celebrazioni in end zone. Non a caso Denver è l’unico team a  poter vantare tre giocatori con più di 1.000 yards ricevute nel 2012, dato che l’ex Pats ha ricevuto 118 palloni per 1.354 yard la scorsa stagione. 



Durante tutto il periodo passato vestendo il blu dei Patriots, Welker è emerso come uno dei migliori, se non il migliore, slot receiver della NFL ed è più che probabile che possa continuare a dominare anche a Mile High City. Come certifica il suo soprannome, Slot Machine è una macchina da ricezioni. Pur essendo alto solamente 175 cm, il prodotto dell’università di Texas Tech è diventato, nel dicembre 2012, il primo giocatore della storia NFL a raggiungere il traguardo di cinque stagioni consecutive con più di cento prese. Inoltre, in tre di questi cinque campionati è stato il miglior ricevitore della lega: nel 2007, 2009 e 2011, rispettivamente con 112, 123 e 122 prese. Da ricordare anche che le 123 prese del 2009 sono il secondo miglior risultato di sempre per quanto riguarda i palloni ricevuti da un wideout. Welker è preceduto solamente da Marvin Harrison che, nel 2002 con gli Indianapolis Colts, ha ricevuto 143 palloni. E, guarda caso, il quarterback di Harrison era proprio Peyton Manning. Che un nuovo record sia in vista per Wes? 

Qualunque team fosse riuscito ad assicurarsi le prestazioni di Welker sarebbe stata fortunato, ma quando una squadra ottiene un cinque volte Pro Bowler e, a roster, ha già a disposizione un receiver Pro Bowler, Thomas, e un altro che è atteso ben presto alle Hawaii, Decker, senza contare un quarterback leggendario e un left tackle affidabilissimo come Ryan Clady, non è fortunata, è una forza dominante. 

I defensive coordinator della AFC hanno dovuto passare parecchie e lunghe notti nei lori uffici per trovare una risposta a Thomas e Decker lo scorso anno, ora con Welker nell’unita farebbero prima a tornare a casa, nei loro comodi letti, a cercare di dormire, perché sarà ancora più difficile, se non impossibile, fermare il miglior receiving corp della NFL. 




sabato 17 agosto 2013

BUCCANEERS…TO THE BOARDING!





Nello sport, il termine “sulla carta” si usa per indicare una squadra o un’atleta che, potenzialmente,  ha delle possibilità di migliorarsi o peggiorarsi rispetto a risultati passati. In vista dell’imminente stagione NFL, una delle squadre che, sulla carta, appare ben posizionata per provare a vivere un 2013 di successo è Tampa Bay.

I Buccaneers hanno chiuso la scorsa stagione con un brutto record di 7-9, risultando una delle peggiori squadre nella difesa sui passaggi (4.758 yards concesse) e hanno perciò deciso, durante l’offseason, di rafforzare la secondaria con un paio di grossi free-agent che dovrebbero rimediare a questo serio problema: Darrelle Revis e Dashon Goldson.

Revis, dopo aver passato delle tumultuose stagioni coi New York Jets, è arrivato in Florida in cambio della tredicesima scelta dell’ultimo draft (Sheldon Richardson) e di una “conditional pick” al draft 2014. Un vero affare per i Bucs che si sono così garantiti il miglior cornerback della lega con un contratto di 6 anni a 96 milioni di dollari. Ma la clausola migliore dell’accordo è che, nel contratto, non ci sono soldi garantiti, il che vuol dire che se i problemi di Revis alle ginocchia dovessero continuare, la franchigia non sarebbe costretta a versagli nemmeno un dollaro sul suo conto in banca.

Goldson, dal canto suo, era uno dei nomi più appetibili di quest’ultima free agency dopo una bella stagione da Pro Bowl con i San Francisco 49ers. Liberatosi dalla sua precedente squadra perché questa si è rifiutata di accordargli i soldi che chiedeva, ha subito esplorato il mercato in cerca di possibili interessati. I Bucs non si sono lasciati sfuggire l’occasione e hanno firmato la ventinovenne safety con un contratto quinquennale del valore di 41.25 milioni di dollari. Anche se il veterano e volto storico del team Ronde Barber ha deciso di non rifirmare, poiché il suo minutaggio sarebbe stato notevolmente ridotto, il duo di safety a roster, Goldson appunto e Mark Barron, appare come uno dei migliori della NFL.

Per una squadra che è costretta ad affrontare Matt Ryan, Drew Brees e Cam Newton due volte all’anno, Revis e Goldson sono due terrificanti aggiunte che daranno la possibilità a Tampa di rimanere competitiva nella NFC South. 

Per quanto riguarda gli altri movimenti di mercato, i Bucs hanno perso il tight end Dallas Clark, l’offensive tackle Jeremy Trueblood e il defensive end Michael Bennett, nessuno dei quali rappresentava una pedina insostituibile, e hanno aggiunto l’ex Packers Tom Crabtree nel ruolo di tight end e l’offensive lineman Gabe Carimi dai Bears.

Uno dei punti focali di questa offseason per la franchigia della Florida è stato il draft. Il General Manager Mark Dominik, con le limitate carte che aveva a disposizione, è riuscito a fare un lavoro egregio. Nessuna scelta è stata stellare, ma ha sicuramente trovato dei validi elementi per rendere il suo roster migliore.  Al secondo turno ha proseguito nel suo obbiettivo di rafforzare la secondaria selezionando, da Mississippi State, il cornerback Jonathan Banks. Non dotato di grande esplosività, compensa la sua mancanza di velocità col fisico e l’abilità con la palla. Grazie alla sua qualità nell’eseguire intercetti e all’abilità nel coprire “a zona”, opposto ad un difensore da “uno vs uno” come Revis, potrà essere produttivo già dalla prima settimana, dato anche il rilascio di Eric Wright.

Con la chiamata al terzo round i Buccaneers hanno fatto una mossa a sorpresa. Hanno infatti selezionato il quarterback Mike Glannon da North Carolina, una decisone su cui ha pesato sicuramente il parere dell’head coach Greg Schiano. Il ragazzo ha un braccio potente per essere un back-up di qualità, ma siamo lontani dal poterlo considerare una certezza, il passaggio dal college alla NFL è sempre uno step importante per i giocatori, quarterback in particolare. Di sicuro il coach ha voluto aggiungere competizione in un ruolo fondamentale, dove le prestazioni del titolare Josh Freeman non sembrano averlo convinto pienamente. 



Il numero 5 dei Buccaneers dopo un convincente inizio di stagione in cui ha lanciato 21 passaggi da touchdown e subito solo 6 intercetti, guidando i suoi ad un iniziale record di 6-4, è tornato, nella seconda parte della regular season, al suo vecchio, brutto, standard, lanciando solamente 6 passaggi da touchdown e subendo 10 intercetti. Con cinque sconfitte consecutive prima della vittoria nella partita conclusiva del campionato, Schiano ha le sue buone ragioni per essere agitato col suo quarterback titolare. Freeman però è nella situazione ideale per convincere il suo coach a puntare su di lui. E’ all’ultimo anno del suo contratto e dunque ha bisogno di una solida stagione per ottenerne uno più remunerativo, che sia coi Bucs o con altre squadre, inoltre potendo contare su uno straordinario gioco di corse, grazie al running back al secondo anno Doug Martin, non ha tutto il peso dell’attacco sulle sue spalle. Se saprà creare una buona intesa col suo “receiving corp”, tra cui spiccano Vincent Jackson e Mike Williams, l’attacco potrebbe anche migliorare le 2.380 yards guadagnate e i 17 touchdown segnati.     

Tornando al draft, nel quarto e quinto round, i Bucs hanno messo gli occhi su due defensive lineman che garantiranno profondità all’unità difensiva di linea. Infatti, il quartetto titolare (Tampa gioca con una difesa 4-3), pur essendo un gruppo notevole, aveva dei buchi che dovevano essere colmati. Il defensive tackle da Illinois Akeem Spence potrebbe giocare qualche partita da titolare in stagione, ma rimane da vedere come la sua fisicità si adatterà al “piano superiore”. Ha il fisico per opporsi ai lineman offensivi NFL, ma la sua tecnica e l’utilizzo degli arti hanno bisogno di notevoli miglioramenti se vorrà essere uno starter.

William Gholston potrebbe avere un percorso simile a Spence. Anche lui dotato di un fisico considerevole, è un defensive end rapido che eccelle nel pass rushing, anche se manca di continuità. Se Schiano sarà capace di motivare Gholston a dare il massimo, il prodotto di Michigan State potrebbe rivelarsi un devastante elemento negli schemi di blitz. 



Detto del draft, il punto di svolta per la franchigia della Florida potrebbe essere la sua rinnovata difesa. La correlazione tra secondaria e pass rushing è spesso sottovalutata e Tampa Bay ha posto le basi per una difesa formidabile in vista della stagione 2013. Perso Michael Bennet, via free-agency, ciò sopra detto potrebbe essere un controsenso. Bennet era il leader in sack della franchigia, avendone messi a segno ben 9, e sia Da’Quan Bowers che Adrian Clayborn hanno avuto problemi fisici lo scorso anno. Ma l’aver selezionato dei giovani defensive ends è stata una saggia decisione. Quando sono sani, il Pro Bowler Gerald McCoy, Bowers e Clayborn sono un trio formidabile e aver aggiunto buoni ricambi, garantisce al defensive coordinator Bill Sheridan un’ alternanza di opzioni considerevole. Inoltre Daniel Te’o Nesheim ha mostrato buone qualità come pass rusher occasionale e potrebbe avere un ruolo maggiore in difesa quest’ anno, soprattutto nei terzi down.

I Bucs hanno le armi per migliorare il loro pass rushing (dopo aver totalizzato appena 27 sacks in totale nel 2012), ma avranno bisogno anche dell’aiuto da parte dei defensive backs. Ogni team ha bisogno di tre corner di qualità e, con Revis e Banks a roster, la battaglia per il terzo posto nell’unità sarà serrata. Leonard Johnson ha più esperienza, ma è stato molto scostante ed è leggermente sotto taglia per giocare come “nickel back”, mentre Michael Adams, pur avendo già ricoperto questo ruolo al college ha ancora molta strada da fare. Per quanto riguarda le safety, Mark Barron viene da una stagione da rookie davvero ottima (88 tackle e 1 intercetto) nel ruolo di strong safety e ha mostrato il potenziale per essere uno dei migliori della lega nel suo ruolo. Con un anno di esperienza e due nuovi mentori da cui imparare, sono da aspettarsi decisi miglioramenti da parte sua, soprattutto a livello mentale e tattico. Ahmad Black e Cody Grimm offrono una piccola assicurazione in caso di infortuni ai titolari, ma nessuno di due si aspetti molti minuti in campo.

Infine, i Bucs saranno migliori nel 2013? Sulla carta si. Non sono ancora una pretendente al titolo della NFC South, ma non sono nemmeno molto lontani. Il roster, sempre sulla carta, è pieno di giocatori di talento e con buoni margini di miglioramento. Probabilmente un record plausibile potrebbe essere 9-7, dietro ai Falcons e ai Saints nella division, con la possibilità di vincere molto partite contro squadre poco quotate nel resto della conference. Quel che è certo è che i Buccaneers sono pronti ad andare all’arrembaggio della NFL e depredare il maggior numero di avversarie. 


mercoledì 14 agosto 2013

TRA ANONIMATO E GLORIA - STORIA DEI SEATTLE SUPERSONICS




20 dicembre 1966, Los Angeles. A Seattle è stato assegnato il franchise NBA e l'imprenditore Sam Schulman con Eugene Klein e altri soci di minoranza prepararono il progetto per iniziare la stagione successiva e portare alla città la sua prima squadra professionistica. Chiamarono il team SuperSonics in onore di un'idea della Boeing per un suo aereo, che sarebbe poi stato cancellato.

2 luglio 2008, Oklahoma City. Dopo aver ottenuto diversi rifiuti dallo Stato di Washington per migliorare la Key Arena, casa dei Sonics, la squadra si sposta nella suddetta città previo pagamento di 45 milioni di dollari. La storia del team di Seattle si divide da quelli che diventano ora gli Oklahoma City Thunder, in attesa di ottenere di nuovo il franchise e poter continuare da dove aveva iniziato.

I SuperSonics iniziarono a giocare nella stagione 1967 nella NBA (da quell'anno divisa dalla ABA fino al 1976), esordendo con una sconfitta per 116-144 e terminando la stagione con un record di 23-59 che sarebbe, però, migliorato ben presto. La mossa chiave fu lo scambio dell'All Star Walt Hazzard, cardine della squadra, con Lenny Wilkens, proveniente dagli Hawks. Nonostante il suo gioco egregio sui due lati del campo con 22 punti, 8 rimbalzi e 6 assist di media e nonostante il miglioramento esponenziale di Bob Rule per 24 punti e 11 rimbalzi a partita, il record non cambiò di molto e Wilkens venne eletto al ruolo di allenatore-giocatore di Seattle. 

Nonostante l'infortunio che mise fuori gioco Rule, grazie a Wilkens, MVP dell'All Star Game 1971, e al nuovo acquisto Spencer Haywood, miglior rookie e miglior giocatore della ABA, i Sonics riuscirono a conquistare il loro primo record positivo, 47-35, nella stagione 1972-73. L'anno successivo sfiorarono quindi i playoff, fermati solo dagli infortuni, salvo poi tornare nell'anonimato a seguito della trade che portò Wilkens a Cleveland. 

Nel 1975, però, con il leggendario Bill Russell in panchina e guidati da uno straripante Haywood, i Sonics conquistarono i loro primi playoff e vinsero anche al primo turno contro i Pistons, salvo poi perdere in 6 gare contro i Warriors. Dopo un'altra apparizione ai playoff, guidati da Fred Brown e Tommy Burleson, Wilkens riprese il suo posto alla guida del team e chiuse la stagione con il record di 47-35. Raggiunti i playoff, dopo un inizio di stagione disastroso, Seattle vinse contro i Lakers 2-1, contro i Trail Blazers 4-2 e contro i Nuggets ancora per 4-2, guadagnandosi l'accesso alle Finals, dove si trovò di fronte i Washington Bullets. Nonostante il vantaggio iniziale di 3-2, che portò i Sonics vicinissimi al primo anello della loro storia, i Bullets vinsero nettamente le ultime due partite e la squadra di Wilkens perse la serie e il titolo.

La rosa rimase però quasi completamente intatta e i Sonics conclusero la stagione 1978-79 al primo posto ad Ovest con il record di 52-30. Ai playoff vinsero poi 4-1 contro i Lakers e 4-3 contro i Suns in una serie molto combattuta. Le Finals li aspettavano per il secondo anno consecutivo, ancora una volta contro i Bullets. Dopo la sconfitta iniziale, Seattle dominò la serie, vincendo quattro partite consecutive e aggiudicandosi il primo e, tuttora, unico titolo della sua storia. Il roster comprendeva l'MVP delle finali Dennis Johnson, Gus Williams, Jack Sikma, John Jonhson e Lonnie Shelton in quintetto, oltre alle fondamentali riserve Fred Brown e Paul Silas. L'allenatore Lenny Wilkens era riuscito nell'impresa di diventare ancor più importante come coach che come giocatore nell'allora ancora breve storia dei SuperSonics.





Dopo che la stagione successiva si chiuse con molti traguardi individuali, tra cui quello di Brown miglior tiratore da 3 della NBA, ma con una sconfitta in finale di Conference 1-4 contro i Lakers, le stagioni successive furono di cambiamento per il team e i Sonics ottennero ben pochi successi. Nel 1983 Schulman cedette la squadra a Barry Ackerley, un anno prima del ritiro di Fred Brown che, grazie alle sue 13 stagioni sempre ad altissimo livello nei primissimi anni della franchigia, vide il suo numero ritirato. Wilkens lasciò nell'84 e l'anno successivo l'ultimo dei reduci del titolo, Sikma, abbandonò la squadra, lasciandola in un lungo periodo di mediocrità, non foss'altro per un'incredibile marcia verso la finale di Conference nel 1987, in cui furono demoliti dai Lakers con uno sweep.

Con la scelta di Shawn Kemp nel 1989 e della guardia Gary Payton nel 1990, ma soprattutto con l'arrivo in panchina di George Karl nel 1992 i Sonics tornarono in quota, perdendo in 7 soffertissime gare la finale di Conference del 1993. L'anno successivo ottennero il miglior record in tutta la NBA, 63-19, ma furono incredibilmente eliminati al primo turno dai Nuggets, primi di sempre ad essere estromessi da numeri uno di Conference contro l'ottava classificata. L'anno dopo una nuova eliminazione ai playoff precedeva il ritorno alla Key Arena, che fu rinominata così proprio a partire da quella stagione, dopo un anno di ristrutturazioni. 

Il 1995-96 fu l'anno in cui Seattle ebbe probabilmente il miglior team della sua storia: Kemp e Payton, più Detlef Schrempf, il centro Sam Perkins e le guardie Hersey Hawkins e Nate McMillan. Dopo aver chiuso la regular season con un record di 64-18, i Sonics batterono i Kings 3-1, i Rockets 4-0 e in finale di Conference Utah (che avrebbe dominato le stagioni successive ad Ovest) per 4-3. Le Finals erano state raggiunte per le terza volta, ma la partenza non fu delle migliori contro i Bulls, tanto che Seattle perse le prime 3 partite contro Jordan e compagni. Dopo due vittorie incoraggianti alla Key Arena, i Sonics capitolarono in gara 6 e il mito di Michael potè continuare. Quando Karl nel 1998 lasciò la squadra, il suo sostituto Paul Westphal non seppe continuare il suo egregio lavoro.
Dopo diversi anni in ombra e la trade di Payton, ecco che solo nel 2004-05 i SuperSonics tornarono alla ribalta, guidati da Ray Allen e Rashard Lewis. Il settimo titolo di Division, con il record di 52-30, portò per l'ultima volta la squadra di Seattle ai playoff. La corsa al titolo, cominciata con il deciso successo 4-1 contro i Kings, si interruppe però subito dopo, 2-4 contro i futuri campioni NBA, i San Antonio Spurs. L'ultimo sussulto, prima dello spostamento a Oklahoma City, si ebbe nel 2007 con la seconda scelta del Draft, Kevin Durant. Il fenomeno dall'University of Texas vinse il premio di Rookie of the Year, il che salvò parzialmente una stagione comunque disastrosa, la peggiore della storia di Seattle. 

Nel 2008, dopo diverse peripezie e una mancanza di fondi per sistemare la casa dei Sonics, la città perse il suo franchise, dando vita alla nuova formazione dei Thunder. La voglia di sport e di basket NBA di Seattle, però, non si è mai fermata. Nel 2009, alcuni registi della zona, che si facevano chiamare "Seattle SuperSonics Historical Preservation Society", produssero un documentario critico dal titolo "Sonicsgate - Requiem For A Team", che affronta in dettaglio la nascita e la morte del team. Il lungometraggio focalizza l'attenzione in particolare sugli aspetti scandalosi dello spostamento della squadra da Seattle, e vinse il Webby award del 2010 come 'Miglior lungometraggio sullo sport.

Il 17 settembre 2012 il consiglio comunale di Seattle stanzia dei nuovi fondi ed è disposto a fare il suo ritorno alla ribalta NBA, a patto che ci sia una squadra disposta a cambiare città. I Sacramento Kings vennero indiziati e l'offerta, intorno ai 500 milioni di dollari, avrebbe dovuto riportare i Sonics in campo già dalla stagione che sta per iniziare. Il 15 maggio 2013, però, la NBA ha votato contro la proposta di spostare i Kings e i suoi proprietari hanno subito promesso di dare una nuova arena ai loro beniamini. Seattle dovrà aspettare ancora qualche anno per tornare a vedere il grande basket tra le sue strade. La sua storia, però, nel frattempo continuerà a vivere negli occhi dei suoi tifosi e degli appassionati NBA.



See you soon SuperSonics!

giovedì 8 agosto 2013

BEST SUPERBOWL EVER?



Al Tampa Stadium di Tampa Bay, si gioca, il 27 gennaio del 1991 il Super Bowl numero XXV, che vede di fronte i New York Giants, campioni NFC, e i Buffalo Bills, campioni AFC. Nonostante sia la loro prima apparizione in una finale, i Bills sono super favoriti per la vittoria grazie ad un attacco stellare che ha segnato 428 punti fino ad allora e per il ricordo della vittoria per 17-13 sui rivali in stagione regolare, mentre i Giants, dopo aver conquistato il loro primo titolo nel 1986 contro i Broncos, si aggrappano alla difesa leader della Lega, con soli 211 punti concessi, per tentare di tornare ad afferrare il Lombardi Trophy.

Sono ben 9 i giocatori di Buffalo ad essersi guadagnati la convocazione al Pro Bowl, dato significativo del talento della squadra. Bruce Smith guida la difesa fresco dell'elezione ad NFL Defensive Player of the Year, grazie ai 19 sacks in stagione regolare, e alle sue spalle ci sono tre linebackers di eccezionale caratura come Darryl Talley, Shane Conlan e Cornelius Bennett. L'attacco era però la parte devastante della squadra: il quarterback Jim Kelly ha chiuso la stagione da top rated con un coefficiente di 101.2 per 2,829 yards, 24 touchdown e soli 9 intercetti; i due wide receivers non sono da meno, Andre Reed è uomo da 71 ricezioni e 8 touchdown, mentre il futuro hall of hamer James Lofton ha una straordinaria media di 20.3 yards guadagnate per ogni ricezione; da non dimenticare poi il fortisimo running back Thurman Thomas, che ha portato palla per 1,297 yards e 13 touchdown, oltre al talentuoso tight end Keith McKeller. I Bills chiudono quindi la stagione regolare col record di 13-3 e si apprestano a giocare dei playoff da protagonisti assoluti.

L'eccezionale difesa dei Giants è guidata dal defensive tackle Erik Howard e dai linebackers Pepper Johnson e Lawrence Taylor in prima linea, mentre la secondaria ha in Everson Walls (6 intercetti in stagione) la sua punta di diamante. L'attacco era però tutt'altro che formidabile, il 17° complessivo della Lega, ma logorava le difese avversarie con lunghi drive ed era insuperabile come palle perse, solamente 14 in 16 partite. I linemen Bart Oates e William Roberts erano gli unici Probowler dell'attacco e il kick returner Dave Meggett si era messo in mostra con le sue 467 yards ritornate su punt. Nonostante la sconfitta in casa contro i Bills, i Giants chiusero la stagione con il loro stesso record di 13-3 e vinsero l'NFC East.

Buffalo ebbe filo da torcere nel Divisional di playoff contro i Dolphins quando, nonostante un vantaggio iniziale di 20-3, si fece rimontare fino al 30-27 nell'ultimo periodo di gioco. Kelly però chiuse un eccezionale partita da 337 yards e 3 touchdown passes, mentre Reed, Lofton e Thomas giocarono una partita egregia, chiudendo i giochi sul 44-34. Vita molto più facile nell'ultimo atto di AFC ebbero i Bills contro i Raiders: nella prima metà di gara gli uomini di Buffalo segnarono 41 punti, record di tutti i playoff NFL, e chiusero il match con un agevole 51-3, guidati ancora una volta da Kelly con 300 yards passate e 2 passaggi da touchdown.

I Giants superarono agevolmente, nel Divisional Round, i Bears per 31-3 e si trovano ad affrontare, nell'NFC Champioship Game la squadra più forte e temuta del campionato. I 49ers avevano chiuso la stagione con il record migliore di tutta la NFL, 14-2, ed erano i vincitori degli ultimi 2 Super Bowl giocati. Favorita di 6 punti e mezzo alla vigilia, San Francisco schierava un attacco da urlo, con Joe Montana come quarterback e Jerry Rice come wide receiver. La difesa però li contenne alla perfezione, anche se nel quarto periodo lo svantaggio era ancora di 9-13. Due kick-off di Matt Bahr, che centrò 5 volte i pali in quel match, però ricucirono lo svantaggio e diedero la vittoria per 15-13 a New York, anche grazie a un fumble recuperato con 2 minuti e mezzo sul cronometro con un'azione di Howard e Taylor.

Nonostante il percorso più o meno simile per giungere al Tampa Stadium e giocarsi il titolo, i Bills vengono dati per vincitori certi del Super Bowl XXV grazie ad un attacco mostruoso da 95 punti in 2 gare di playoff. New York aveva però già messo in difficoltà la super formazione campione in carica proprio bloccando le sue avanzate e rispondendo con lunghi e logoranti drive. Il tutto si conferma nel primo attacco di Buffalo, fermato efficacemente dai Giants e da un contrattacco lungo ben 6 minuti e 15 dei newyorkesi che porta Bahr a segnare il field goal del 3-0 iniziale. La partita sembra quindi aperta a tutti gli scenari e si sarebbe conclusa in una lotta all'ultimo punto.

La risposta non si fa attendere e i Bills nel possesso successivo rimettono la situazione in parità con il field goal di Scott Norwood dopo un'azione spettacolare di Lofton da 61 yards su passaggio di Kelly. L'attacco stellare incomincia a funzionare a dovere nel drive successivo, quando Kelly chiude un'azione da 80 yards per 4 minuti e 27 di gioco, senza affrontare terzi down, passando per la corsa da 1 sola yard del running-back Don Smith per il touchdown del 10-3. Andre Reed riceve nel drive ben 4 passaggi, che aggiunti a quello dell'azione precedente portano al record di 5 completi in un solo periodo per un giocatore al Super Bowl. Con il sack di Bruce Smith in end zone, che provoca una safety in favore dei Bills, Buffalo si trova a condurre 12-3 e sembra inarrestabile. Il Lombardi Trophy pare possa cadere nelle sue mani.

I Giants però, nel drive successivo, sferrano un grande attacco alla difesa avversaria da 87 yards, chiuso con il passaggio da touchdown di Jeff Hostetler a Stephen Baker per ridurre il deficit a 10-12. NY non si ferma qui e apre il terzo periodo con un drive da 75 yards e 14 azioni per segnare con Ottis Anderson il vantaggio per 17-12. L'azione in questione porta a un altro record per il Super Bowl: dura 9 minuti e 29, con 3 conversioni al terzo down e delle giocate memorabili che portano alla buona riuscita di un attacco tenace e ostico nella sua avanzata verso la meta. Nel quarto periodo, però, Buffalo si rianima ed attacca di nuovo senza sosta, avanzando di ben 63 yards in sole 4 giocate, salvo poi scatenare la corsa di Thomas per un touchdown da 31 yards che, non solo porta i Bills avanti 19-17 con pochi minuti rimasti sul cronometro, ma segna anche il punto numero 1000 nella storia delle finali NFL.



Nell'azione successiva New York costruisce un drive perfetto, fatto di 14 giocate per 74 yards di guadagno. Non potendo però raggiungere il touchdown, i Giants si accontentano con una saggia decisione di un field goal, che Bahr trasforma per il nuovo vantaggio 20-19 della sua formazione. Il successivo drive di Buffalo non ha risultato, così però come quello seguente degli avversari, che, con 2 minuti e 46 rimasti sul cronometro usano un punt per respingere i Bills. E' l'ultima opportunità rimasta per vincere, la palla è nelle mani di Kelly.

L'ultima avanzata della partita è costruita dal quarterback variando moltissimi schemi e tattiche di gioco, ma non riesce ad avanzare in maniera decisa. Con 8 secondi rimasti sul cronometro, però, Norwood può calciare un field goal non impossibile da 47 yards per portare i suoi alla vittoria. In una partita tanto combattuta e avvincente è difficile dire chi meriti di portare a casa il trofeo, ma, purtroppo per i Bills, il calcio risulta molto largo sulla destra e il match si chiude sul 20-19 per i Giants, che conquistano il secondo Super Bowl della loro storia.



In una gara in cui entrambi i quarterback hanno giocato sottotono, chi l'ha fatta da padrone sono stati i due running-back, entrambi sopra le 100 yards guadagnate. Anderson ne prende 102 e segna un TD, risultando l'MVP della finale, mentre Thomas corre per 135 e aggiunge anche 5 passaggi per 55 yards al suo bottino, dando persino l'impressione di poter diventare l'MVP nonostante la sua squadra abbia perso la partita. Ciò non avviene, ma le sue 135 yards su corsa restano il miglior risultato per un running-back perdente in un Super Bowl.


Oltre a essere stata la prima finale senza alcun turnover, è ciò che è seguito ai fatti di Tampa Bay a risultare straordinario. I Bills raggiungeranno per i successivi 3 anni il Super Bowl, senza però riuscire mai a vincere, sconfitti per due volte dai Cowboys e per una dai Redskins, per un'incredibile dato di 4 atti finali consecutivi senza mai portare a casa il Lombardi Trophy. I Giants invece ne vinceranno altri due, partendo ancora una volta da assoluti sfavoriti, contro i New England Patriots nei SB XLII e XLVI (GIANTS OVER PATS: First HalfGIANTS OVER PATS: Second Half) e ne perderanno uno in finale contro i Ravens nel 2000. Il football è uno sport incredibile, nulla si può mai dare per scontato e questi ne sono esempi concreti !