martedì 29 aprile 2014

AND THE MOST IMPROVED PLAYER OF THE YEAR IS..

Goran "The Dragon" Dragic.


Nel cielo di Phoenix è nata una nuova, splendente stella. O forse, semplicemente, ha portato a compimento un processo di crescita che lo ha reso tra i più forti e decisivi playmaker della Lega. Erano anni che lo sloveno veniva additato come il successore di Steve Nash ai Suns, prima dell’esperienza nelle file dei Rockets e del successivo ritorno in Arizona. In questa stagione è arrivata la consacrazione definitiva, con annesso il premio di NBA Most Improved Player of the Year.

Dopo un Europeo da protagonista la scorsa estate, tra le mura amiche di Slovenia, da 15.8 punti, 3.5 rimbalzi e 4.5 assistenze a partita, ecco che Dragic si presentava ai blocchi di partenza della nuova stagione NBA con non poche pressioni sulle spalle. Il roster dei Suns, certamente ricco di talento, subiva, in partenza, il peso delle sofferenze patite l’anno precedente, il peggiore da oltre vent’anni a questa parte, fatto di sole 25 vittorie e ben 57 sconfitte. L’arrivo di Eric Bledsoe e Gerald Green, la ricongiunzione dei gemelli Morris, la possibile crescita dei giovani Miles Plumlee e Alex Len lasciavano presagire una stagione da outsider, ma senza particolari scossoni possibili o probabili. Nessuno, però, aveva fatto i conti con le volontà di Goran Dragic.

L’esordio è di quelli da segnare sul calendario: 26 punti, 6 rimbalzi e 9 assist per mettere all’angolo i Blazers, che vivranno, per altro, un inizio di stagione magico. Tra novembre e dicembre la guardia propone ancora una più che modesta precisione al tiro, che lo vede sotto il 50% da due punti (47.8%) e sotto il 40% da tre (34.5%), raccogliendo comunque un’ottima media di 18.1 punti, cui aggiunge 5.8 assist. Il 2013 si chiude con i Suns sorpresa assoluta della Western Conference, in piena corsa per un posto nei playoff dopo trenta partite giocate, con 19 vittorie e 11 sconfitte. L’ultima uscita prima del nuovo anno, però, vede Bledsoe infortunarsi al ginocchio. La guardia sarà costretta a saltare qualche mese di gare e i Suns sembrano poter perdere molte delle loro possibilità di volare in post-season. Comincia qui, però, il capolavoro di Goran Dragic. Tra gennaio e febbraio lo sloveno vive un momento straordinario: le sue medie schizzano a 22.9 punti a partita con il 54.1% da due punti e il 47.5% da oltre l’arco, cui si aggiungono anche quasi 4 rimbalzi e 6.4 assistenze ad uscita. Se i Suns riescono a mantenere un record positivo nei primi due mesi del 2014 (15-13), il merito va soprattutto a Dragic e alle sue giocate straordinarie. Phoenix resta in zona playoff, ma la corsa per la post-season è serratissima.


Tra marzo e aprile i Suns cercano di non perdere colpi. La guardia slovena chiude marzo con medie simili a quelle tenute finora, oltre i 20 punti e con percentuali ancora strabilianti al tiro. Dieci vittorie e sei sconfitte sembrano poter dare uno strattone decisivo alle avversarie dirette per gli ultimi posti playoff. Aprile, però, è il mese decisivo e Phoenix si scioglie ad un passo dal traguardo. Il ritorno di Bledsoe sembra infastidire, invece che aiutare, Dragic, che cala notevolmente il suo fatturato. Tre sconfitte nelle ultime quattro partite giocate, di cui due decisive contro Mavericks e Grizzlies, mettono la parola fine su una stagione incredibile, fatta di 48 vittorie e 34 sconfitte, ma chiusa ad un altrettanto incredibile nono posto ad Ovest.

Se fosse stata ad Est, Phoenix, sarebbe arrivata terza. Magra consolazione. Certo non si può puntare il dito contro lo sloveno, decisivo tanto prima dell’All Star Game (20.3 punti e 6.2 assist), da cui per altro Dragic è stato escluso in maniera abbastanza controversa, quanto dopo (20.3 punti e 5.4 assist), tanto in casa (21 punti e 5.8 assist di media), quanto in trasferta (19.5 punti e 6 assist). Il totale delle sue prestazioni dice 20.3 punti (career high), quasi 10 punti oltre le sue medie complessive in NBA, 3.2 rimbalzi (career high) e 5.9 assist, con un PIE del 13.4% e +4 di plus/minus complessivo. L’aver tenuto la media da due oltre il 50% e quella da tre oltre il 40%, con più di 20 punti ad uscita, è un’impresa riuscita dal 1993 solo a Dirk Nowitzki, LeBron James e Kevin Durant, tre fenomeni assoluti del passato recente.



Nonostante la mancata qualificazione alla post-season, la guardia dei Suns si è tolto una grandissima soddisfazione guadagnandosi il premio di Most Improved Player of the Year. Con 408 voti su 1134, 65 primi posti su 126 giornalisti sportivi interpellati e 250 punti di vantaggio sul secondo classificato, Lance Stephenson, Dragic ha vinto più nettamente un premio che si è meritato dall’inizio alla fine. La consapevolezza di essere tra le migliori guardie in NBA e la fiducia acquisita con la vittoria di un titolo tanto importante sono la base da cui cominciare per cercare di migliorarsi ancora l’anno prossimo. In fondo, ai Suns e a Dragic, sarebbe bastato solo un passetto in più per coronare il sogno playoff. Basta poco per spiccare definitivamente il volo.

venerdì 25 aprile 2014

(TOP) & FLOP DELLA STAGIONE NFL : NEW YORK GIANTS

Sono passati solo due anni e poco più da quando Eli Manning e i suoi Giants alzavano al cielo il quarto Vince Lombardi della loro storia, il secondo consecutivo in faccia ai favoriti Patriots. Il quarterback era sul tetto del mondo e si era appena aggiudicato il suo secondo trofeo di MVP del Super Bowl in carriera. Tutto sembra così distante da allora, New York si è infilata in un tunnel oscuro da cui deve uscire al più presto se vuole tornare a vincere.


La stagione di Eli è stata disastrosa, la peggiore da quando è nella Lega. Solamente 317 completi su 551 tentati (57.5%) per 3.818 yards, 6.9 a giocata e 221.1 a partita, con 18 touchdown pass e la “bellezza” di 27 intercetti, corrispondenti al 4.9% delle sue giocate. Il quarterback rating medio dice 69.4, davvero troppo poco, se lo si unisce a ben cinque performance con almeno tre intercetti. Le prime sei partite sono state un calvario e Manning ha raccolto qui la maggior parte delle sue prestazioni negative, concludendo con il 53.7% di completi, ma soprattutto 9 TD pass e ben 14 intercetti. Non è un caso che i Giants abbiano raccolto sei sconfitte consecutive proprio ad inizio stagione. Aggiungiamo le due partite contro Chargers e Seahawks, perse, non a caso, visto che il quarterback ha raccolto un solo TD pass a fronte di 7 intercetti nelle due sfide, e avremo una metà di stagione giocata ai minimi in carriera. Manning, però, nella restante metà dell'anno ha giocato bene ed infatti New York ha raccolto sette vittorie e una sola sconfitta non appena è stata guidata con saggezza e buoni lanci.

Tutta colpa di Manning dunque? Assolutamente no. Il gioco di corse dei Giants è stato tra gli ultimissimi della Lega, sia per numero di yard (1.332 di cui 3.5 a giocata e 83.2 a partita), che per numero di touchdown (11) se visti in rapporto ai fumble (12). Solo quattro sono state le giocate su corsa oltre le 20 yard di guadagno, una sola oltre le 40. Tra Andre Brown, Peyton Hillis, Brandon Jacobs e David Wilson, i quattro runningback impiegati con più regolarità dai Giants, in 314 attacchi sono state raccolte la miseria di 1.123 yard, quando il solo LeSean McCoy, con lo stesso numero di corse, ne ha raccolte quasi 500 in più. I dieci touchdown sono un buon dato, ma se a essi i quattro aggiungono sette fumble, di cui sei persi, il tutto assume una valenza meno significativa. Resta la speranza di veder crescere ancora Jerrel Jerningan, che però di mestiere prima di tutto fa il receiver, e che Rashad Jennings, acquisito in free agency dai Raiders, sappia fare un buon lavoro per ridare linfa al gioco di corse dei Giants.

Il parco receiver non è stato all'altezza. Il solo Victor Cruz ha ricevuto con regolarità (73 ricezioni su 123 di cui era il target) e ha raccolto 998 yard (13.7 di media) con quattro touchdown e 71.3 yard a partita. Hakeem Nicks, per quanto abbia portato a casa 56 ricezioni e 896 yard (16 di media), con quattordici giocate oltre le 20 yard, ha deluso le attese, è sembrato svogliato, impreciso e non ha festeggiato alcun touchdown. Non è un caso che sia volato alla corte dei Colts in free agency per cambiare aria. La sorpresa assoluta è stata Rueben Randle. Il receiver, al secondo anno da LSU, ha ricevuto 41 passaggi per 611 yard (14.9 di media), mettendo a segno ben sedici giocate oltre le 20 yard e la bellezza di sei touchdown, leader di squadra nel dato. Come detto, ci si aspetterà molto da Jerningan il prossimo anno, mentre al Draft sarà obbligatorio l'innesto di un tight-end, per sostituire e, possibilmente, migliorare quando fatto da Brandon Myers. Servirà inoltre puntellare, oltre quanto è stato ben fatto in free agency, la linea offensiva, vero tendine d'Achille per questi Giants, con Manning assaltato da ogni parte dai rusher avversari.


La difesa, che è sempre stata uno dei punti di forza dei Giganti, non ha brillato secondo i suoi standard. Per quanto riguarda la protezione sui lanci avversari non è andata affatto male, con la retroguardia di New York decima a quota 3.573 yard subite, di cui 223.3 a partita e 6.3 a giocata. Abbastanza alto la percentuale di completi concessi (60.1%), così come non è stato eccellente il rapporto tra touchdown lasciati festeggiare agli avversari (21) e numero di intercetti (17). Nella media è stata anche la difesa sulle corse avversarie. 1.743 le yard lasciate in totale ai runningback opposti (108.9 a partita, 3.8 a giocata), con dodici touchdown subiti e sei fumble forzati. Sono mancati molto i sack portati ai quarterback avversari (34), dato in cui i Giants non vanno oltre il venticinquesimo posto nella Lega. Il numero degli intercetti e, soprattutto, dei tackle (1.167) invece è ottimo e New York si guadagna una posizione tra le primissime difese. Il problema fondamentale dei Giganti è stato segnare troppo poco (294 punti, 18.4 a partita), a fronte di quanto si è subito (383 punti, 23.9 a partita). La difesa è stata potenziata da numerosi arrivi di assoluto valore in free agency, soprattutto sul profondo, e ci si aspetta diventi una cassaforte difficilmente scalfibile per qualsiasi attacco in NFL.

La bellezza di quindici giocatori hanno portato a buon fine più di 40 tackle, ma nessuno ha superato la soglia dei 100, un dato incredibile per misurare la compattezza della retroguardia dei Giants. Tra i migliori si è segnalato inequivocabilmente Antrel Rolle, a quota 98 tackle, 2 sack, ma soprattutto 12 pass deflected e 6 intercetti, con anche un fumble recuperato. Anche Prince Amukamara ha vissuto un'ottima annata: 85 tackle, 14 pass deflected, un intercetto e due fumble forzati. Chi mancherà moltissimo la prossima stagione sarà Justin Tuck, volato a Oakland, che ha messo a segno 11 sack, un intercetto e due fumble forzati nella scorsa stagione. Jason Pierre-Paul e Cullen Jenkins, due dei punti di forza della retroguardia dei Giants, hanno parzialmente deluso le attese e sono attesi a una stagione di rilancio non appena si tornerà a giocare.

Che dire sulla regular season vissuta da New York? Si apre con l'incredibile sconfitta nel derby contro i Cowboys, in cui i Giants lasciano ben cinque palle perse in più rispetto agli avversari, ma al termine il punteggio è sotto di sole cinque lunghezze, a dimostrazione che sarebbe bastato un turnover in meno per aggiudicarsi l'incontro. Arriva poi una “buona” sconfitta nel Manning Bowl, una tragica batosta dai Panthers, un'altra brutta sconfitta contro i Chiefs e gli ennesimi due KO consecutivi contro Eagles e Bears. Sei sconfitte consecutive ad inizio stagione sono qualcosa di tanto insolito quanto mortificante ed infatti la squadra della Grande Mela si proietta già col pensiero alla prossima stagione, sicura di essere fuori da ogni gioco per i playoff.


Le quattro partite successive sono un'escalation di emozioni e bel gioco, tanto che i Giganti le vincono tutte, a fronte di team modesti come Vikings e Raiders, tanto quanto contro squadre che arriveranno ai playoff, quali Eagles e Packers. Arriva poi il secondo scontro diretto con Dallas, che può risultare decisivo per sperare in un'utopica rincorsa alla post-season. New York ne esce, però, sconfitta nuovamente e abbandona ogni speranza di non concludere anzitempo la sua stagione. La vittoria contro i Redskins fa da preludio alle due pesanti sconfitte contro Chargers e Seahawks. Le sedici partite di questa triste annata per i Giants si chiudono con due vittorie, una in overtime contro i Lions, e una contro Washington.


Al Draft, molto probabilmente, la prima scelta andrà per il fortissimo defensive tackle Aaron Donald, in grado di completare al meglio una difesa da urlo. In attacco le defezioni sono ancora troppe e serviranno almeno un paio di innesti tra wide receiver e tight-end. Sperando che Eli Manning riprenda ad essere quel quarterback straordinario e decisivo a cui New York era abituata. D'altronde, si sa, ai Giants basta arrivare ai playoff. Le imprese in post-season, poi, non sono mai state un problema.

lunedì 21 aprile 2014

TOP & (FLOP) DELLA STAGIONE NFL : PHILADELPHIA EAGLES

Partiamo dalla fine. Partiamo da quel field goal di Shayne Graham, allo scadere del Wild Card Game contro i Saints, che consente a New Orleans di volare al Divisional e che spedisce gli Eagles a casa prematuramente. Nick Foles sfodera l'ennesima prestazione solida e senza sbavature, trovando in Riley Cooper e Zach Ertz degli ottimi compagni per un paio di touchdown. Philadelphia, però, viene colpita al cuore proprio dove era abituata ad essere la regina incontrastata, ovvero sul gioco di corse. Alla fine produrrà sole 80 yard di guadagno e un touchdown con LeSean McCoy, ma subendone ben 185 in 36 attacchi, divise tra cinque diversi giocatori. Su tutti la parte del leone la fa Mark Ingram, che si regala un touchdown, ma, soprattutto, tanti primi down, tante azioni nella metà campo avversaria, che producono ben quattro field goal per i Saints. I dodici punti derivanti dai piazzati di Graham sono decisivi ai fini del risultato e, come abbiamo visto, della vittoria.


Torniamo un attimo indietro adesso. Il vero protagonista della stagione degli Eagles è l'uomo che non ti aspetti, la scelta numero 88 del Draft di tre stagioni fa: Nick Foles, passato da perfetto sconosciuto a uomo dei record. La sua annata comincia con cinque lanci tra Chargers e Broncos, ancora da back-up di Michael Vick, e prosegue da titolare in un salendo di prestazioni straordinario, culminato con la partita da 22/28 per 406 yard e 7 passaggi da touchdown contro i Raiders. Alla fine, parlano le statistiche per lui: 203 lanci completati su 317 tentati (64%) per 2.891 yard, con 27 TD pass (8.5% dei passaggi) e soli 2 intercetti (0.6%), per un mostruoso totale di 119.2 di quarterback rating medio. Estendendo ipoteticamente i dati dalle undici partite giocate da titolare alle sedici canoniche di una stagione, si otterrebbero 4.205 yard e 40 TD pass, numeri assurdi per chi, di fatto, ha esordito quest'anno nel mondo NFL. Anche i suoi dati palla alla mano non sono da sottovalutare: 57 attacchi per 221 yard (3.9 di media) e tre touchdown.

E Michael Vick? Passato in free agency ai Jets, l'esperto quarterback non aveva iniziato male la stagione. Tra l'esordio vincente contro i Redskins ed il successivo KO di misura contro i Chargers aveva collezionato due ottime prestazioni, oltre quota 100 di quarterback rating, ma è stato letteralmente schiacciato, oltre che dai soliti problemi fisici, dallo strepitoso Foles. Dopo le deludenti uscite contro Chiefs e Broncos, Vick collezionerà solamente altri tredici passaggi, messi insieme tra le due sfide contro i Giants, e nulla più. Al termine saranno solamente 77 i suoi passaggi completati su 141 tentati (54.6%) per 1.215 yard con 5 TD pass e 3 intercetti, per un totale di 86.4 di quarterback rating medio. Fatturato più che modesto nella sua brevità, ma lontanissimo da quello del compagno di ruolo. Da sottolineare un ottimo risultato in termini di corse, che farà molto comodo alla sua nuova squadra: 36 attacchi per 306 yard (8.5 di media) e due touchdown.

D'altronde gli Eagles sono stati i primi assoluti in termini di running-game, avendo completato 500 attacchi per ben 2.566 yard (5.1 di media). Il parziale di 160.4 yard di media a partita è spaventoso, soprattutto se adornato da 19 touchdown e soli cinque fumble. Ben diciannove le giocate da oltre 20 yard, cinque quelle oltre le 40 di guadagno. Sovrano delle corse, tanto di Philadelphia quanto della Lega, è stato LeSean McCoy, con 314 attacchi per 1.607 yard (5.1 di media) e nove touchdown, da aggiungere ai due ottenuti su passaggio. Sono oltre 500 le yard guadagnate da receiver per McCoy, a completare una stagione da assoluto protagonista. Altro primo attore dell'annata degli Eagles è stato DeSean Jackson. Il receiver, di recente passato ai Redskins, ha controllato la bellezza di 82 palloni su 126 di cui era il target, per un totale di 1.332 yard (16.2 di media a ricezione, 83.3 a partita). Nove i touchdown anche per lui, con ben venticinque giocate da oltre 20 yard. Niente male anche il rendimento di Riley Cooper, con 47 ricezioni per 835 yard e otto touchdown, oltre che della coppia di tight-end Brent Celek – Zach Ertz, autore di 68 ricezioni complessive per 971 yard e dieci touchdown.

Complessivamente saranno 4.110 le yard guadagnate al lancio dagli Eagles, con la media più alta per ogni tentativo a segno (8.7 yard) e uno dei migliori rapporti tra TD pass e intercetti, 32-9, rovinato soprattutto dallo 0-4 del terzo Qb di riserva, Matt Barkley. Impressionante il dato che indica le giocate oltre le 20 (ben 80) e le 40 (18) yard di guadagno, in cui Philadelphia è prima assoluta. Insomma, il miracolo Foles ha contagiato tutto l'attacco delle Aquile. Altrettanto bene non si può dire della difesa sui lanci avversari, ultima nel complesso: 41.9 gli attacchi subiti a partita per 289.8 yard di media subite dai receiver opposti (7.3 a giocata). Il totale di yard subite è 4.636, anche se sono ben 19 gli intercetti portati, a fronte di 25 touchdown subiti su lancio. La squadra della Pennsylvania è andata malino in termini di sack (37, di cui due safety), ma se si parla di intercetti (19) o di tackle (1.081), non ha affatto sfigurato. Gli Eagles hanno ottime statistiche anche in termini di pass deflected (111), fumble forzati (13) e, soprattutto, recuperati (12).


La retroguardia degli Eagles è stata più attenta sulle corse avversarie, decima nel complessivo. Nonostante siano tanti i 382 punti subiti (23.9 a partita), i danni sono stati ridotti sui 443 attacchi palla alla mano, relegati a sole 1.668 yard subite (3.8 a giocata, 104.2 a partita). Dodici i touchdown accusati su corsa, anche se senza lasciare alcuna giocata da oltre 40 yard e con 15 fumble forzati, di cui nessuno, però, recuperato. La retroguardia, nel complesso, è sembrata rivedibile soprattutto nel Wild Card Game perso contro i Saints, ma le individualità non mancano. In termini di tackle il migliore è stato DeMeco Ryans con 127 (102+25), che ha aggiunto alla causa anche 4 sack, 7 pass deflected e 2 intercetti. Oltre i cento tackle anche Mychal Kendricks (106), anche lui più che modesto in termini di sack (4) e intercetti (3), oltre che per aver forzato due fumble ed averne recuperati ben quattro. Leader in termini di sack è stato Trent Cole a quota otto, mentre in termini di pass deflected e intercetti nessuno ha fatto meglio di Brandon Boykin, rispettivamente con 16 PD e 6 INT, ritornati per un guadagnato complessivo di 136 yard e un touchdown. Manca una pedina sul profondo e una in linea difensiva, ma l'organico è già di per sé ottimo.

Come è finita la stagione già lo abbiamo visto, anche se, almeno dopo le prime partite, le prospettive per gli Eagles erano tutt'altro che rosee. Detto dell'esordio vincente contro Washington e della successiva sconfitta contro San Diego, ecco che arrivano altre due nette sconfitte in fila contro Chiefs e Broncos. Fortuna che Giants e Redskins escono presto dalla contesa per il primo posto della NFC East e che i Cowboys guidano la Division con sole due vittorie ottenute. Dopo un paio di convincenti successi contro team in crisi nera quali New York e Tampa Bay, tutto si complica nuovamente. Un confuso attacco di Philladelphia, lasciando allo sbando dal continuo cambio di quarterback, si inceppa di fronte alle non eccelse difese di Cowboys e Giants (soli dieci punti totali in due partite) e il record crolla a tre vittorie e cinque sconfitte, una gara sotto Dallas a quota 4-4.

Dopo la gara da record di Foles contro i Raiders, che fa ritrovare il successo alle Aquile, coach Chip Kelly non può che dargli fiducia. Mai scelta fu più azzeccata: la squadra della Città dell'amore fraterno vincerà altre quattro partite consecutive contro Packers, Redskins, Cardinals e Lions. Nell'immaginario dei tifosi di Philadelphia rimarrà sempre impressa la vittoria nella neve dei loro beniamini in quel di Detroit, ultima impresa di una lunga serie di ottime prestazioni. Dallas frena contro Saints e Bears e gli Eagles possono operare il sorpasso in testa alla Division. Il team della Pennsylvania cade nella strana partita contro i Vikings, ma i texani perdono a loro volta in una partita assurda contro i Packers e le distanze rimangono invariate. Le Aquile schiacciano letteralmente i Bears (+43) sotto i loro piedi, i Cowboys regolano i Redskins e si arriva all'ultima giornata, che prevede lo scontro diretto tra le due compagini, con Dallas che insegue a una vittoria di distanza, ma con il vantaggio dello scontro diretto vinto in precedenza.



Foles si regala l'ennesima prestazione da sogno e da 124.4 di quarterback rating. Anche i Cowboys vengono sconfitti e devono restare fuori dai playoff. Il record finale degli Eagles dice dieci vittorie e sei sconfitte, il record con il quarterback da Arizona titolare assoluto parla di dieci vittorie e una sola sconfitta. Tutto si è interrotto con il field goal di Graham, ma è pronto a ricominciare il prossimo anno, con ancor più consapevolezza e voglia di vincere. Se tutto il buono visto la scorsa stagione si confermerà tale e si faranno i giusti innesti al Draft, sarà difficile fermare questi Eagles, pronti a volare altissimo sopra i cieli NFL.

domenica 20 aprile 2014

PLAYOFF NBA - PREVIEW WESTERN CONFERENCE

La regular season è stata esaltante ed emozionante come poche volte nel passato recente NBA, ma i playoff saranno altrettanto elettrizzanti? La Western Conference ai blocchi di partenza presenta otto possibili regine per una sola corona. Nessuno è perduto e nessuno ha già vinto, non qui, non in queste sfide. Per diventare padroni ad Ovest servono altre dodici vittorie. Che lo spettacolo cominci.

SAN ANTONIO SPURS (1) – DALLAS MAVERICKS (8)


Alla Vigilia

San Antonio ha sbaragliato ancora una volta tutta la concorrenza e si è presa il primo posto nella Western Conference, per altro insieme al miglior record della Lega. Dallas ha perso il settimo posto al suono dell’ultima sirena, ma non è quella franchigia che puoi prendere sotto gamba. Gli Spurs hanno più fame di tutti dopo gara 7 delle scorse Finals, ma Dirk Nowitzki ha solo poche cartucce valide ancora da sparare. Il derby texano sarà una serie per cuori forti.

Match-Up & Uomini Chiave

Certo, non sarà facile per nessuno battere gli Spurs. Una squadra immortale, guidata magistralmente da coach Popovich, con tante individualità di livello che prima di tutto, però, sono al servizio del collettivo. I precedenti stagionali dicono sweep di San Antonio e Dallas senza gioie. Nowitzki non è andato oltre al 50% al tiro né in match-up con Boris Diaw, né in match-up con Tiago Splitter. Kawhi Leonard ha fermato quasi ogni insidia proveniente dal funambolico Monta Ellis, costringendolo a un modesto 9/19, mentre Tony Parker è stato lasciato libero di segnare con troppa facilità da chiunque se lo prendesse a carico. Il francese ha per di più reso Josè Calderon pressoché inefficiente (4/19). San Antonio ha surclassato gli avversari tanto a rimbalzo quanto per numero di assistenze. Il risultato è un +11.5 di plus/minus medio nelle quattro sfide giocate e vinte dagli Spurs. Che squadra.

Pronostico

4-1 SAN ANTONIO

Due grandi squadre, forse i Mavs avrebbero meritato uno scontro più alla portata per potersi giocare qualche chance in più di avanzare al turno successivo. Contro questi Spurs, però, c’è davvero poco da fare.


OKLAHOMA CITY THUNDER (2) – MEMPHIS GRIZZLIES (7)


Alla Vigilia

E’ il terzo anno consecutivo che l’efficienza offensiva e difensiva dei Thunder sono entrambe tra le prime dieci della Lega. OKC sta diventando una macchina da guerra sullo stile Spurs. Tra le loro fila c’è, per altro, il miglior giocatore di questa stagione, Kevin Durant. Dall’altra parte abbiamo una squadra che fatica a segnare con regolarità, ma che, se si tratta di chiudere agli avversari la via del canestro, le sa suonare a tutti. Guidata dal miglior difensore della scorsa stagione, Marc Gasol.

Match-Up & Uomini Chiave

I Grizzlies, dopo aver estromesso i Thunder lo scorso anno dai playoff, hanno sofferto nelle sfide di regular season. Conley, Prince e Randolph hanno tirato con meno del 40% contro Oklahoma City, ma l’unione fa la forza, tanto che, nei minuti giocati insieme, il loro offensive rating dice 116.8 punti ogni 100 possessi. Prince è stata la chiave di volta per fermare, nel limite del possibile, Durant, tenuto almeno ad un 40% al tiro. Quest’ultimo, soprattutto da oltre l’arco, ha sofferto moltissimo la difesa degli Orsi. Chi ha fatto il bello e il cattivo tempo contro la retroguardia di Memphis è Russel Westbrook: 130.4 punti ogni 100 possessi con lui sul parquet. Contro il duo Randolph – Gasol, Steven Adams è stato un fattore a rimbalzo offensivo (13 in 22 minuti), ma Kendrick Perkins è riuscito a fermarli al meglio dall’altro lato del campo. Il bilancio stagionale dice 3-1 per Oklahoma City, ma la serie pare comunque equilibrata in molti suoi fattori.

Pronostico

4-3 OKLAHOMA CITY

Anche per un fenomeno come Durant, la difesa dei Grizzlies al completo sarà un serio problema. Memphis venderà cara la pelle prima di abbandonare, probabilmente, la contesa in favore degli avversari.


LOS ANGELES CLIPPERS (3) – GOLDEN STATE WARRIORS (6)


Alla Vigilia

La sfida del talento spregiudicato tra due delle sorprese di questi ultimi anni. Doc Rivers ha trasformato i Clippers da un’oasi della grande giocata ad un paradiso del buon basket, tanto che il net rating dei suoi dice +7.3. Che cambi anche la loro tendenza negativa in post-season? I Warriors sono stati, stranamente, discontinui e incapaci di racimolare il record che si aspettavano alla vigilia, ma restano tra le avversarie più temibili del lotto. Soprattutto viste le straordinarie prestazioni dello scorso anno ai playoff.

Match-Up & Uomini Chiave

Los Angeles ha il miglior attacco e la settima miglior difesa della Lega. Offensivamente i Clips hanno segnato più punti contro i team dal record positivo rispetto a quelli col record negativo, unici a riuscire nell’impresa. Golden State ha la terza miglior difesa complessiva ed è pronta a battagliare su ogni pallone utile, nonostante Chris Paul abbia nei californiani la sua vittima preferita, avendo segnato 28 punti di media negli scontri diretti. I Warriors hanno in Andre Iguodala la loro cartina di tornasole: il net rating si alza di 13.7 punti con lui sul parquet. Curry è una furia da oltre l’arco contro i Clippers, tanto da tirare con il 58.6% quando li affronta, indifferentemente dal marcatore. David Lee ha qualche difficoltà nel tenere a bada DeAndre Jordan, ma se la cava assai meglio su Blake Griffin, limitato al 38% al tiro nel match-up. Senza Andrew Bogut, infortunatosi di recente, la situazione sotto canestro sarà però molto complessa per i Warriors. In stagione regolare il bilancio è sul 2-2, la sfida è apertissima.

Pronostico

4-2 LOS ANGELES

Fosse stato lo scorso anno il pronostico sarebbe stato l’esatto opposto. Con Doc Rivers in panchina e una squadra in fiducia, i Clippers possono oltrepassare lo scoglio. Non senza difficoltà però.


HOUSTON ROCKETS (4) – PORTLAND TRAIL BLAZERS (5)


Alla Vigilia

Se ai playoff della scorsa stagione ai Rockets è mancato lo spunto vincente, quest’anno possono davvero ambire a qualcosa di grande. Houston non teme alcun avversario, ha battuto tutte e quattro le migliori di questa regular season e ha un attacco da far invidia a chiunque. Portland ha sofferto molto a metà stagione, ma, dopo l’ASG, ha migliorato alla grande la sua difesa. Perdendo le posizioni di testa si è assicurata un difficile scontro nella serie d’apertura, ma se gioca come ad inizio stagione non si pone limiti.

Match-Up & Uomini Chiave

James Harden sta diventando un maestro della penetrazione e del tiro da fuori, tanto che Houston prende il 72.7% delle sue conclusioni da queste aree di tiro. Portland, però, permette agli avversari di prendere solo il 20.9% delle loro conclusioni da oltre l’arco. Harden ha segnato 30.3 punti di media contro i Blazers, ma, anche nel caso venga limitato, ci pensa Dwight Howard, che segna 25.5 punti di media negli scontri diretti. Il quintetto base del team dell’Oregon ha un plus/minus di +36 in 72 minuti di impiego contro i Rockets, mentre ogni altro quintetto abbassa tremendamente il dato a -62 in 125 minuti. Nicolas Batum quest’anno ha corso tantissimo, ben 348 chilometri, più di tutti nella Lega. Patrick Beverley è un gran difensore e ha limitato i danni su Damian Lillard, concedendosi per altro ben 7 rimbalzi offensivi nel match-up. LaMarcus Aldridge non è rimasto a guardare nel frattempo: 26.8 punti e 15.5 rimbalzi di media contro Houston. I precedenti in regular season dicono 3-1 per i Rockets.

Pronostico

4-2 HOUSTON


Portland non sembra ancora pronta per l’ennesimo salto di qualità e Houston ha un team davvero forte e competitivo. Potrebbe scapparci la sorpresa, ma non è pronosticabile.

sabato 19 aprile 2014

PLAYOFF NBA - PREVIEW EASTERN CONFERENCE

Ora non si scherza più, nemmeno nella Eastern Conference. Dopo un anno grottesco, fatto di orrori e sconfitte più che di pregi e vittorie, sono esplosi i dubbi su una possibile rivisitazione di tutto il metodo di funzionamento della NBA. Ora, però non è il momento di perdersi in inutili chiacchiere. E’ il momento di scendere sul parquet e dimostrare a tutti quanto si vale, di poter ambire all’anello. Quattro sfide, otto squadre. Ne rimarrà solo una.

INDIANA PACERS (1) – ATLANTA HAWKS (8)


Alla Vigilia

Tutto parla a favore di Indiana, anche se è sempre meglio non saltare a facili conclusioni. L’attacco dei Pacers ultimamente è in crisi nera (100.2 punti ogni 100 possessi dopo l’ASG), ma la squadra è solida e in difesa sa come chiudersi come una cassaforte (96.7 punti ogni 100 possessi avversari). Gli Hawks, tanto difensivamente quanto offensivamente, sono nella media, anche se il net rating dice -0.7 complessivo. Un dato non proprio incoraggiante. 56-26 Pacers, 38-44 Atlanta. Almeno in teoria, non c’è partita.

Match-Up & Uomini Chiave

Occhio, però, alle teorie. Atlanta, insieme agli Spurs, è l’unica squadra ad aver vinto in doppia cifra di distacco in casa dei leader della Eastern. Non solo, ma è stata la migliore tra le squadre ad Est nei confronti contro i Pacers ed ha inflitto loro ben 10.3 tiri da tre punti a segno di media in quattro scontri. Paul Millsap sarà ingabbiato tra Roy Hibbert e David West, quindi ci sarà poco da fare per lui, anche se il miglior difensore di Indiana non è andato forte nel pitturato dei Falchi finora (4/19). Tutt’altro si può dire per West, ottimo su entrambi i fronti quando incontra Atlanta, ma è Paul George l’uomo giusto per sbloccare la serie e dirigerla verso i binari che tutti si aspettano. Pero Antic è chi può mettergli maggiormente i bastoni tra le ruote, visto il suo stato di forma e i 17 punti di media inflitti nel computo delle sfide in regular season, che tra l’altro si sono chiuse con un bilancio in parità: 2-2.

Pronostico

4-1 INDIANA PACERS

Gli Hawks potranno fare un colpaccio nelle prime due sfide, ma probabilmente si scioglieranno con l’andare della serie. Indiana cercherà di chiudere la pratica agilmente per concentrarsi sul turno successivo.


MIAMI HEAT (2) – CHARLOTTE BOBCATS (7)


Alla Vigilia

Fossi un tifoso dei Bobcats nemmeno ci crederei. Da zimbello della Lega a serie di playoff contro gli Heat non è un salto da poco. Anche se, probabilmente, il sogno non durerà a lungo. LeBron quasi sicuramente non vincerà il titolo di MVP della stagione regolare, ma vuole dimostrare che ormai sono i playoff il suo vero regno. Dall’altra parte Al Jefferson sta facendo sfracelli ultimamente, la squadra è giovane e di talento, ma lo sweep in stagione regolare suona come un presentimento. O una sentenza.

Match-Up & Uomini Chiave

Charlotte si sta dando da fare per chiudere le porte della sua difesa, ma se sarà Michael Kidd-Gildchrist a marcare il Prescelto saranno dolori: 18/30 concesso e 6 falli commessi in meno di mezz’ora di match-up. James è il centro focale di Miami, ma chi ha fatto particolarmente bene contro i Bobcats in stagione sono state le guardie degli Heat e, su tutti, Mario Chalmers. Gli uomini della Carolina hanno, a perno attorno cui far ruotare i loro talentuosi e giovani uomini, Al Jefferson. Il centro ex Jazz ha tirato in stagione regolare con il 68% quando ha fronteggiato Chris Bosh. Occhio, quindi, soprattutto a lui. E’ strano come la peggior franchigia della Lega in termini rimbalzi sia riuscita a raccoglierne qualcuno in più dei Bobcats quando li ha affrontati. Altro motivo per cui i quattro successi stagionali di Miami sono arrivati con una media di 10 punti di scarto, non proprio un divario facile da ricucire.

Pronostico

4-0 MIAMI HEAT

Non ci sarà storia fin dalla prima palla a due. Per dare l’ennesima gioia di quest’anno al proprio pubblico, ai Bobcats, servirà un’impresa. Per andare oltre questa serie… non c’è neanche da pensarlo.


TORONTO RAPTORS (3) – BROOKLYN NETS (6)


Alla Vigilia

I Nets sembra abbiamo voluto evitare i Bulls, lasciando ai Wizards l’onore e l’onere del quinto posto. Ma contro questi Raptors c’è poco da scherzare. Toronto attacca benissimo, garantendo 105.8 punti ogni 100 possessi, e difende benissimo, lasciando 102.4 punti ogni 100 possessi avversari. Brooklyn non riesce a fare altrettanto. In base a questi dati sarebbe tra le squadre di medio-basso livello. Certo però, tutti i giocatori che ha a roster sono abituati a vincere. Anche ai playoff.

Match-Up & Uomini Chiave

Per scacciare ogni timore i canadesi potrebbero affidarsi al talismano Patterson: tra Kings e Raptors, l’ala è a quota +75 nel suo plus/minus stagionale contro i Nets. Ci sarà poi da sperare nel talento di Kyle Lowry, che ha segnato 22 punti di media contro Brooklyn ed ha trovato praterie nel pitturato avversario (8.5 punti a partita in the paint). Gli uomini fondamentali per Brooklyn, se vuole oltrepassare lo scoglio, sono Deron Williams e Paul Pierce. Il primo ha garantito 117 punti ogni 100 possessi nelle sfide contro Toronto quando era sul parquet, dato che crolla di 19 lunghezze quando era seduto in panchina. Il secondo, in regular season, è stato l’unico in grado di tenere a bada Lowry ed il miglior realizzatore della truppa di Jason Kidd contro i canadesi. Le statistiche, tanto quanto i precedenti stagionali (2-2), lasciano la serie aperta a qualsiasi risultato.

Pronostico

4-2 BROOKLYN NETS

I Nets cercheranno di forzare una delle prime due uscite in Canada per assicurarsi il fattore campo. Probabilmente si uscirà da gara 4 sul 2-2. Poi la decideranno i grandi a roster per Brooklyn.


CHICAGO BULLS (4) – WASHINGTON WIZARDS (5)


Alla Vigilia

La stagione di entrambe, a un certo punto, sembrava essere irreparabilmente compromessa a causa dei troppi infortuni che hanno perseguitato le loro migliori componenti. I Bulls si sono chiusi intorno a Noah e hanno trovato in lui l’ancora di salvezza. I Wizards dalla loro hanno Wall e Beal per fare la voce grossa. In teoria la serie più equilibrata, in pratica forse no. L’esperienza di Chicago, al sesto anno consecutivo ai playoff, dovrebbe avere la meglio sulla ritrovata serenità di Washington, tornata in post-season dopo cinque anni di assenza.

Match-Up & Uomini Chiave

La sfida tra Noah e Gortat è di quelle ad alta tensione. E’ stato il centro dei Tori ad avere la peggio in stagione regolare, concedendo stranamente un’alta percentuale al tiro all’avversario ed una modesta difesa. Noah, però, è in forma straordinaria e con lui Chicago (21-9 dopo l’ASG). Dopo aver perso le prime due sfide stagionali contro Washington, la franchigia della Città del Vento ha vinto nettamente la terza due settimane fa. La squadra della capitale si dovrà affidare al talento cristallino di John Wall, che però è stato ottimamente limitato da Kirk Hinrich in regular season. I Bulls sono la miglior squadra della Lega nel difendere sui tiri da oltre l’arco, per questo diventa ancor più fondamentale il lavoro di Gortat e compagni nel pitturato. Chicago segna pochissimo, ma ha un’organizzazione di gioco e una difesa invidiabile. Forse troppo per Washington.

Pronostico

4-2 CHICAGO BULLS

Per quanto i Wizards possano essere galvanizzati dal ritorno ai playoff, i Bulls in questo momento hanno una marcia in più e sono addirittura tra i favoriti per la vittoria di Conference.

venerdì 18 aprile 2014

TOP & WORST NBA - FINAL EPISODE (29/10/13 - 16/04/14)

Best of the East

Best Team: Indiana Pacers


Alla fine dei giochi, i migliori sono stati i Pacers. Almeno ad Est, dopo aver a lungo accarezzato l’idea di chiudere la stagione con il miglior record della Lega. Dopo le cinque vittorie consecutive a cavallo di febbraio e marzo, un periodo nerissimo nell’ultimo quarto di stagione (10-13) ha reso complicatissima anche la questione riguardo la vetta nella Eastern, risoltasi nel finale anche a causa dei non encomiabili Heat di quest’anno. Che sia stato l’inizio devastante ad averli fatti adagiare sugli allori o un po’ di pre-tattica in vista della comunque durissima post-season, Indiana nell’ultimo periodo ha dato segnali tutt’altro che incoraggianti. Essere rimasta la prima forza di Conference è sicuramente una fondamentale iniezione di fiducia per tutti. A partire da Paul George (21.7 punti, 6.8 rimbalzi, 3.5 assist di media), per distacco il migliore dei suoi, passando per Lance Stephenson, tra i papabili nomi per il Most Improved Player of the Year, e Roy Hibbert, tra i migliori difensori in NBA, fino a nuovi arrivati Andrew Bynum ed Evan Turner. C’è tutto per arrivare fino in fondo e prendersi l’agoniato anello. Basta uscire dal tunnel.

Best Player: Joakim Noah

Dopo l’ennesimo infortunio occorso a Derrick Rose, Chicago sembrava alla deriva, spacciata. Ha chiuso quarta, a pari record con i Raptors terzi, e dando l’impressione di non soffrire a livelli catastrofici l’assenza del suo uomo migliore. Questo perché il suo centro ha giocato un basket di livello devastante a tutto campo, con risultati mai visti. Contro i T-Wolves ha messo a segno la sua quarta tripla-doppia dell’anno, dato fatto segnare solo da Michael Jordan e Scottie Pippen per i Bulls, settima in carriera, dietro solo ai due appena citati nella storia della Città del Vento, e ha superato quota 397 assist, record di franchigia per un centro in regular season, che apparteneva a Tom Boerwinkle da oltre 40 anni. Le sue statistiche parlano per lui: 12.6 punti, 11.3 rimbalzi e 5.4 assist. Non solo, ma anche una difesa eccezionale, che ha concesso solo 97.7 punti ogni 100 possessi avversari con lui sul parquet e ha reso i Bulls la seconda miglior retroguardia della Lega dopo i Pacers. E anche un’intensità e una voglia di vincere da campione vero. Come si è dimostrato, quest’anno, Joakim Noah.

Best of the West

Best Team: Los Angeles Clippers

E’ vero che gli Spurs hanno fatto segnare un’altra stagione straordinaria, finendo col portare a casa il miglior record della Lega. Sono questi Clippers, però, la vera sorpresa dell’anno. Il record di franchigia di 57 vittorie è già un ottimo motivo per inserirli tra le migliori. Il fatto di essere arrivati a un solo passo e mezzo dal secondo posto in una Conference terribile come la Western di quest’anno ne è la conferma. Nessun record negativo per quella che è stata, fino a quest’anno, la parte “sfortunata” di Los Angeles. Anzi: 36-16 contro le avversarie ad Ovest, 12-4 contro quelle di Division, 34-7 tra le mura amiche, 23-18 lontano da casa, 3-1 nei derby contro i Lakers (con un +48 pauroso tra le altre). Miglior attacco della Lega (108 punti di media), terza miglior squadra per numero di assistenze a partita (24.6). Uno dei playmaker più forti nel lotto, Chris Paul (19.1 punti, 10.7 assist di media), una neonata stella assoluta, non più solo in acrobazie volanti, Blake Griffin (24.1 punti, 9.5 rimbalzi), e il miglior rimbalzista e terzo miglior stoppatore della Lega, DeAndre Jordan (13.6 rimbalzi e 2.5 stoppate). Serve altro per vincere?

Best Player: Kevin Durant


Se per ogni altro premio individuale da assegnare quest’anno i dubbi restano e sono tanti, il Most Valuable Player NBA versione 2013/14 ha già un nome e un cognome: Kevin Durant. L’aveva dichiarato ad inizio anno di volersi togliere al più presto l’etichetta di “secondo” dietro LeBron e non ha perso tempo: miglior marcatore della Lega, a quota 32 punti di media, per altro con il 50% dal campo e il 39% da oltre l’arco, ma anche 7.4 rimbalzi, 5.5 assist e 1.3 rubate a partita. Russell Westbrook è rimasto ai box per metà regular season, ma nessun problema: 59 vittorie e 23 sconfitte valgono il secondo posto, molto sofferto ma meritatissimo, in Western Conference. KD ha segnato più di 25 punti per 41 gare consecutive, battendo il mito Michael Jordan per la striscia più lunga nel recente passato, ha il maggior numero di punti ogni 100 possessi (40.2, quattro più di LBJ) e ha il miglior PIE della Lega, che ne dimostra l’efficienza assoluta in ogni aspetto del suo gioco (20.6%). Soprattutto, però, ha dato, per la prima volta inequivocabilmente, la sensazione di essere il più forte. Servirà confermarla nei playoff.

Best of the Rest

SWEET SIXTEEN (first half): Pacers dominatori dal trono traballante, Heat bi-campioni dal dominio ancora più instabile, Raptors straordinari e razionali protagonisti nella giungla, Bulls allenati magistralmente e mai domi, Wizards sulle ali dell’entusiasmo e della beata gioventù, Nets roventi dal Capodanno in avanti, Bobcats alla rivincita della vita con un Jefferson guru e Hawks più fortunati (per non usare termini volgari) che altro. Eccole, le “magnifiche” otto ad Est.


SWEET SIXTEEN (second half): Spurs senza età e senza limiti, Thunder in mano a una leggenda in procinto di nascere, Clippers temerari e talentuosi come non mai, Rockets e il fattore H pronto a esplodere, Blazers stanchi ma pronti a sfidare ogni sfortuna, Warriors per sorprendere tutti e andare fino in fondo, Grizzlies pronti a chiudersi come una cassaforte e Mavericks alle ultime Wunder-Dirk-possibilities. Eccole, le (vere) magnifiche otto ad Ovest.


Worst of the East

Worst Team: New York Knicks

Il disastro più totale. Le scelte di quest’estate, a partire dal confermare Mike Woodson in panchina, si sono dimostrate tutt’altro che atte al salto di qualità. Metta World Peace è già un ex giocatore e Andrea Bargnani ha dato ragione a chi l’ha sempre criticato, terminando la sua stagione con un infortunio tanto comico quanto esplicativo del periodo che attraversa. Carmelo Anthony è un attaccante pazzesco, secondo miglior marcatore della Lega, e ha messo sul parquet impegno e devozione, anche se non si è dimostrato il leader che tutti si aspettavano e a ha steccato alcune partite fondamentali. J.R. Smith si è eclissato e ha giocato tre quarti di stagione all’ombra di sé stesso, salvo svegliarsi nel finale, quando, però, buona parte del disastro era già stato fatto. Iman Shumpert non è cresciuto di una virgola rispetto allo scorso anno e Tyson Chandler è alle prese con guai fisici continui che lo allontanano dall’essere dominante come qualche stagione fa. C’è da rivoluzionare tutto, dalle fondamenta. Con un Maestro Zen al comando sarà tutto più semplice.

Worst Player: Josh Smith


Doveva essere la stagione della svolta per la sua carriera. Doveva essere la stagione in cui J-Smoove avrebbe preso per mano i giovani e spericolati Pistons, certamente più ricchi di talento degli Hawks che aveva appena lasciato, e li avrebbe guidati verso traguardi importanti. L’undicesimo posto nella già di per sé derelitta Eastern Conference a quota 29 vittorie e 53 sconfitte vi sembra tale? Smith, invece, non si è integrato, come Motown sperava, con Andre Drummond e Greg Monroe. Punti, rimbalzi, assist e stoppate non solo sono inferiori alla passata stagione, ma non sono degni di quello che è il primo tenore dell’orchestra Pistons. Non solo mere statistiche però, anche la precisione è calata in maniera vistosa, tanto dal campo (46.5% > 41.9%), quanto da oltre l’arco (30.3% > 26.4%), prendendosi quasi tre tiri in più rispetto alla media in carriera. Ricordate grandi prestazioni di Smith quest’anno? Di giocate decisive o vittorie esaltanti? No, o almeno non così tante come ci si attendeva. Certo non si può imputare solo a lui la colpa della disastrosa stagione dei Pistons, ma Detroit lo avrebbe già messo alla porta. Casualità?

Worst of the West

Worst Team: Denver Nuggets

Ma i Nuggets non erano quelli che lo scorso anno hanno perso solo tre partite al Pepsi Center in tutta la stagione? Che hanno finito terzi in Western Conference, prima di compiere un pasticcio ai playoff? Presenti, ma, almeno per quest’anno, assenti. Solo il record tra le mura amiche, seppur notevolmente peggiorato (22-18), è rimasto positivo, mentre, per il resto, Denver ha deluso le attese e ha chiuso undicesima ad Ovest, ben al di sotto del 50% di score (36-45). L’assenza in difesa e in termini di esplosività e corsa di Andre Iguodala si è fatta sentire non poco, così come quella realizzativa e di sostanza del nostro Danilo Gallinari, rimasto ai box per tutta la stagione dopo il grave infortunio dello scorso anno. Il solo Ty Lawson non è riuscito nell’impresa, aiutato, ma solo a metà, da un discontinuo per quanto estroso Kenneth Faried. Con la partenza di Kosta Koufos e l’infortunio di JaVale McGee è mancato anche qualcosa sotto canestro. Insomma, questi Nuggets hanno dato la seria impressione di essere incompleti. Bisognerà trovare il pezzo mancante entro la prossima stagione.

Worst Player: Ricky Rubio

Finalmente una stagione senza infortuni o problemi fisici, una stagione con 82 gare giocate per gustarsi tutto il meglio di Ricky Rubio… non è andata proprio come si sperava. Il playmaker spagnolo, dopo aver incantato tutti, con giocate funamboliche e fuori dal comune, all’esordio nella Lega, quest’anno ha deluso le attese. E con lui anche i T-Wolves, attesi a una stagione sorprendente che si potesse chiudere tra le prime otto. Si sarebbe potuto punire benissimo l’intero collettivo, ma in fondo Minnesota è stata tradita, in davvero troppe troppe occasioni, nelle ultime azioni, quando bisognava trovare il passaggio giusto e il tiro della vittoria. Rubio non ha sbloccato quasi nessuna di queste situazioni, anzi molte volte le ha complicate. Le statistiche lo vedono sotto i canonici 10 di riferimento sia in termini di punti (9.5 a partita), sia in termini di assist (8.6 a partita). Ma è mancata soprattutto l’esplosività e l’estro che si erano visti da quando aveva messo piede in NBA. Peccato, perché l’occasione era di quelle da prendere al volo.

Worst of the Rest

BITTER SIXTEEN (first half): Knicks disorganizzati e senza meta, Cavaliers immaturi in attesa di un messia, Pistons dal giovane e scellerato talento, Celtics in attesa di ricostruzione guardando al passato, Magic dalla fin troppo accesa nostalgia di casa, Sixers ridicoli e così lontani dal vicino Iverson, Bucks francamente incommentabili. Urge qualcosa di forte per queste otto, che sia un’iniezione di fiducia o un’iniezione dal Draft.



BITTER SIXTEEN (second half): Suns da lodare un solo passo fuori dal Paradiso, Timberwolves spreconi e senza un leader, Nuggets dalle troppe mancanze di peso e livello, Pelicans nuovi nel look ma vecchi nello stile, Kings con troppi pochi principi a concorrere da re, Lakers in attesa di ricostruzione guardando al passato e Jazz senza alcuna musica o sinfonia soave. Consideriamo che due di queste avrebbero fatto i playoff se fossero state ad Est. Enough said.

giovedì 17 aprile 2014

BATTAGLIA FINO ALL'ULTIMO SECONDO!

È anni ormai che le emozioni maggiori provengono da una delle due Conference: quella occidentale. Con la stagione regolare ormai agli ultimissimi sgoccioli e con giochi già fatti l’ultima emozione è stata la lotta per l’ottava posizione a ovest. I Memphis Grizzlies e i Phoenix Suns infatti si sono giocati fino alla penultima sirena uno scontro diretto per l’accesso ai playoff. Le due franchigie, il cui record a Est sarebbe secondo solo a quello di Indiana e Miami, si sono affrontate la scorsa notte allo US Airways Center di Phoenix e il match ha decretato quale tra le due squadre potrà partecipare alla post-season. Se avesse vinto la squadra di casa si sarebbe portata a 48-33, pareggiando così il record dei Grizzlies. Ma a spuntarla sono stati i ragazzi del Tennessee che così hanno ipotecato i playoff.


È poi vero che, nel caso in cui si fosse arrivati all’ultima giornata con le due squadre appaiate, Phoenix sarebbe stata nettamente favorita: infatti gli Orsi hanno affrontato la sempre scomoda Dallas al FedEx Forum. I texani, che avevano già ipotecato i playoff già da un paio di gare, hanno però perso l'occasione di mantenere il settimo posto, finito proprio nelle mani di chi meno se l'aspettava, e ora avranno l’onore e l’onere di affrontare i pericolosissimi Spurs. È pur vero che i Grizzlies andranno a far visita, senza i favori del campo e del pronostico, ai fortissimi Thunder. Con un record di 62-18, però, è San Antonio di gran lunga la squadra più temibile della Conference e giocare sin da subito il derby texano è un rischio che Nowitzki e compagni dovevano evitare di correre.

Phoenix, da parte sua, ha affrontato e battuto all’ultima giornata Sacramento, in una partita pressochè inutile, dal momento che i viola dell’Arizona hanno perso a domicilio contro Memphis. Probabilmente Rudy Gay (479 partite a Memphis con un totale di 8.562 punti messi a segno) e compagni avrebbero potuto fare uno sgambetto ai Suns nel caso fosse valso qualcosa in più, se non altro in ricordo dell'ex squadra di uno dei loro leader. Ma questa è un'altra storia.


Prima dello scontro diretto pronosticare la vincente tra Phoenix e Memphis sarebbe stato come scommettere su un derby, dove è più facile sbagliare viste le motivazioni che entrambe le squadre avrebbero messo in campo. 

I Grizzlies arrivavano all’appuntamento dopo 3 vittorie consecutive, frutto delle buone prestazioni contro Philadelphia e Lakers e grazie all’ottima e insperata vittoria contro Miami. Conley, Randolph e compagni hanno pagato soprattutto il brutto inizio di stagione, mentre il 2014 è stato abbastanza positivo e in costante risalita. Purtroppo coach Joerger ha dovuto fare i conti con gli infortuni dei suoi uomini simbolo, in particolare Conley e Gasol. Il play è il miglior realizzatore dei Grizzlies, mentre Gasol è ovviamente il perno della difesa, la vera arma in più dei ragazzi del Tennessee. Non è un caso che molte sconfitte siano arrivate nei match in cui Marc era seduto in tribuna.

Phoenix ha invece disputato una stagione sorprendente sotto tutti i punti di vista, con un roster assai ricco di talento e ottimi giocatori, ma piuttosto modesto. Peccato essersi fermati ad un solo passo dalla post-season. Coach Hornacek ha spinto tutti i suoi uomini a dare il meglio, puntando sull’energia di Gerald Green e sui punti di Bledsoe e Dragic, ma non è bastato a sopravanzare Grizzlies e Mavericks nel computo finale.


Il match decisivo ha visto prevalere Memphis per 97-91. Dopo un primo quarto concluso avanti dagli ospiti di 10 punti, i Suns si sono riportati sotto nel giro di due frazioni e così l’ultimo quarto è iniziato sul punteggio di 67-67. La partita si è decisa a 70 secondi dalla fine: dopo aver giocato punto a punto tutta la frazione Mike Conley mette a segno la tripla del 91-93 mentre l’azione successiva Dragic penetra e scarica un pallone che viene intercettato da Zach Randolph che, dopo un lentissimo contropiede, mette a segno altri due punti. Proprio il numero 50 è il top scorer di giornata grazie ai 32 punti messi a referto ma fondamentali sono state anche le prestazioni di Gasol (18 punti), Conley (14) e Mike Miller (21, con 8/11 dal campo, 5/6 da 3), mentre ai Suns non basta mandare in doppia cifra cinque giocatori.

Dando uno sguardo ai playoff è pronosticabile che, tanto per Memphis quanto per Dallas, la prosecuzione della stagione durerà solo alcune partite anche se, come i Grizzlies hanno dimostrato negli ultimi playoff, è sempre possibile sovvertire i pronostici. Dallas sarà certamente amareggiata di essersi fatta sfuggire un settimo posto che sembrava in tasca, ma darà il tutto per tutto anche contro gli Spurs, mentre gli Orsi paiono lanciati nell'ultimo periodo e, perché no, potrebbero mettere in serissima difficoltà Durant e compagni.