lunedì 5 maggio 2014

LA SIENA CHE NON TI ASPETTI

Personalmente mi chiedo come faccia: sono ormai due mesi e mezzo abbondanti che mi chiedo come Siena riesca sempre a vincere. Ad onor del vero bisogna ricordare come nel derby toscano a Pistoia e contro Caserta la Mens Sana non abbia raccolto punti ma, considerando le 11 giornate che intercorrono tra la terza e la quattordicesima di campionato (l’ultima disputata), Siena per ben nove volte è uscita vincitrice dal campo. Fino all’anno scorso questa non sarebbe stata una notizia ma in questa stagione forse nessuno si attendeva una squadra così caparbia e abile a portare a casa il referto rosa per un numero di partite così elevato, in particolare dopo l’addio di Hackett. 


La cessione a Milano del play di Forlimpopoli ha fatto sì che i meneghini, già strafavoriti, diventassero quasi imbattibili e così è stato dal momento che i ragazzi di coach Banchi hanno dominato il campionato e vinto la regular season con facilità e con tre turni d’anticipo. Da questa cessione Siena, dopo un momento di sbandamento, sembra aver fatto quadrato e iniziato a giocare in maniera diversa. Alcune voci non meglio identificate dello spogliatoio mensanino avrebbero addirittura dichiarato che senza Hackett il clima nella squadra sarebbe migliorato. 

Coach Marco Crespi sta compiendo quella che considero una sorta di impresa: certo, la squadra non è scarsa, ma essere al secondo posto in classifica al pari di una squadra potenzialmente più forte come Cantù e dietro solamente all’inarrivabile Milano non è cosa da poco. Uno dei segreti delle squadre vincenti è quello del gruppo e a capo di un gruppo c’è sempre una persona con un carisma particolare e nello sport molto spesso questa persona è l’allenatore. La scorsa stagione “gruppo” era una delle parole chiave della Cimberio Varese, che non a caso arrivò fino a gara 7 della semifinale scudetto contro Siena dopo aver vinto la stagione regolare. Quello che coach Crespi è riuscito a costituire è stato un gruppo affamato di vittorie e che riesce a giocare sempre al limite delle proprie possibilità. Credo che questo discorso sull’importanza del gruppo non sia inutile o banale visti gli esempi che quest’anno si sono avuti nella nostra Serie A; il più eclatante credo sia quello di Avellino dove una squadra costruita per vincere non ha saputo nemmeno arrivare ai playoff e per una buona parte dell’anno ha avuto lotte intestine allo spogliatoio a causa (sembrerebbe) degli americani. Chi invece si spinge al limite delle proprie possibilità è la Sutor Montegranro che, nonostante i molti, troppi, problemi societari e l’abbandono di molti giocatori a causa degli stipendi non pagati, ogni domenica mette in campo tutto ciò che gli è rimasto (in primis l’onore). Tornando a Siena credo che il gruppo che si è costituito sia un’arma fondamentale per restare in alto e vincere, che magari culla anche quel sogno impossibile chiamato scudetto.


Ma se ci fosse solo il gruppo senza i buoni giocatori la Mens Sana non si troverebbe al secondo posto. Othello Hunter è forse uno dei giocatori più devastanti dell’intero campionato e, se in giornata di grazia, con la sua forza e la sua atleticità può mettere in seria difficoltà tutti i lunghi del nostro campionato. Da evidenziare è inoltre la crescita di Erick Grenn: il play/guardia, classe ’91, aveva a lungo balbettato nella prima parte della stagione ma nelle ultime uscite si è tolto dalle scarpette parecchi sassolini. In cabina di regia si alternano Haynes e Cournooh, che nel loro quarto d’ora di media riescono a dare velocità alla manovra e da seguire è soprattutto la crescita del ragazzo di Villafranca di Verona. Janning e Carter hanno conservato una buona mano e in particolare l’ala di Dallas riesce a mantenere un buon 40% da tre punti, nonostante molte prestazioni siano state sotto la media. Jeff Viggiano non è certo un fenomeno ma in questa Siena riesce a trovare uno spazio adeguato alle sue potenzialità. Il reparto centri vede la coppia forse meglio mixata di tutto il campionato: Ben Ortner e Tomas Ress. Il primo può contare su una stazza che gli permette di essere il dominatore dell’area e poter affrontare senza nessun timore i pivot avversari; il secondo invece può vantare una mano assai morbida, un’intelligenza tattica eccezionale e tanta tanta esperienza, tutte caratteristiche che lo rendono un centro temuto soprattutto per il suo gioco che si sviluppa anche al di fuori della linea dei 6,75.

Il gioco che Siena ha sviluppato è un vero e proprio gioco di squadra: sembra inutile dirlo visto che a pallacanestro si gioca 5 contro 5, ma passare da un Hackett che palla in mano penetrava e, se andava male, si prendeva due liberi, a un gioco in cui si attende di smarcare l’uomo migliore per poter tirare in un certo tipo di attacco non è cosa semplice e immediata. Non esiste un tipo di gioco giusto e uno sbagliato ma sta all’allenatore capire, in base agli uomini che ha a disposizione, come la squadra può rendere al meglio. 


Siena, che ha blindato il secondo posto in classifica con la vittoria su Varese può a questo punto pensare di poter acciuffare la finale scudetto dal momento che si troverà nella parte opposta del tabellone rispetto all’EA7, in questo momento imbattibile per tutte squadre del campionato. In ogni caso comunque la stagione di Siena è da voto alto in pagella anche se non si concluderà con lo scudetto, come da anni ormai erano abituati i frequentatori del PalaEstra. Questa è la dimostrazione di come una squadra normale, come ce ne sono tante nel nostro campionato, grazie all’allenatore giusto e alle motivazioni riesca a rimanere nelle posizioni nobili della classifica per molto tempo, nonostante i fasti di qualche mese fa siano lontani ricordi e tra qualche mese forse una piccola realtà di provincia.

Ultima nota, che aggiungo dopo aver visto la partita del PalaWhirlpool e che (malignamente, lo ammetto) mi ha fatto pensare a una delle ragioni per cui Siena sia al secondo posto nonostante una squadra non scarsa ma modesta, è quella relativa all’arbitraggio: il metro arbitrale contro le squadre che affrontano la Mens Sana è sempre quello visto a Varese?


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